Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

La sorella di Iole Tassitani al killer che non si dà pace: «Con noi non si è scusato»

- di Mauro Pigozzo

«Non mi fa pena per niente, se pensa di impietosir­e qualcuno si sbaglia. E deve ancora scusarsi con noi». Luisa Tassitani ha appena letto le parole scritte da Michele Fusaro, il falegname di Bassano del Grappa che dieci anni fa ha rapito e ucciso sua sorella, Iole. L’assassino è in carcere dalla vigilia di Natale del 2007, ma a scadenza regolare il suo nome ritorna al centro della cronaca. L’ultima volta, nel decennale di quei fatti, quando l’avvocato dei Tassitani, Roberto Quintavall­e, aveva ipotizzato che nel giro di qualche anno, grazie agli sconti e alla buona condotta, sarebbe potuto uscire. E proprio in quei giorni – stando a una missiva che Fusaro ha inviato a un quotidiano locale tramite un suo ex compagno di detenzione – avrebbe saputo di questo presunto permesso premio in arrivo. Queste le sue parole: «Mi ha chiamato la volontaria per chiedermi se il magistrato di Sorveglian­za mi ha sbloccato il permesso. Basito gli ho espresso che neanche da morto esco da qui. E mi ha riferito un’aspra e amara notizia, cioè che sono uscito sul giornale perché vado in permesso. Cose d’altro mondo». Appena saputo che il killer «manco da morto» vuole uscire di prigione, Luisa ha fatto un mezzo sorriso. Ma poi l’ennesima ferita che si riapre l’ha riportata alla realtà. «Se voleva una risposta da parte mia è questa: non mi fai pena», dice. «Mi ha scosso leggere quelle parole, come può dire di star male? Deve rimanere in carcere il più possibile, non deve uscire di là». In alcuni passaggi, Fusaro racconta che aiuta i suoi compagni di prigionia. «Avrà forse detto cose giuste, ma non mi pare di aver letto che si scusa. Anzi. Ha scritto che non sa cosa gli è successo. Dice solo di aver fatto una cosa orribile, ma non si scusa. Dice che vuole scrivere ai miei o al sacerdote? È assurdo, vuole solo dimostrare di essere stato preso da un raptus, ma così non è stato». In altri passaggi Fusaro poi torna sul la questione dei complici, non è chiaro se ci siano stati o meno: durante il procedimen­to si è a lungo dibattuto se avesse agito da solo o se piuttosto fosse il mandante. «Anche in questa lettera si contraddic­e e riconferma la nostra teoria che non può aver ideato il piano da solo. Ne sono convinta», dice Luisa. «Lui era in cerca di soldi, qualcuno glieli aveva promessi e lui stesso ha provato ad estorcerce­li». Ma queste sono solo ipotesi, non prese in consideraz­ione dalla sentenza che ha condannato Fusaro a 30 anni di carcere. Le certezze, per ora, sono le frasi della lettera. Eccone alcune: «Mi hanno salvato per due volte dal suicidio, ora so che anche uccidersi è egoismo». E ancora: «Mi merito di morire, sono una vergogna per tutti, devo vivere perché devo soffrire». E «Quanta vita ho buttato al vento per gli altri».

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L’assassino Michele Fusaro
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La vittima Iole Tassitani

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