Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Sospesi i due medici: e adesso la procura indaga per concussion­e

Inchiesta aperta. Sospesi Litta e la specialist­a che non faceva fattura, verifiche anche sul Cup

- Michela Nicolussi Moro (ha collaborat­o Roberta Polese)

 Flor Aspetto la decisione dei garanti, rischiano di non entrare più in corsia  Rizzuto Anche l’ateneo ha avviato una indagine disciplina­re sui medici

Detto, fatto. Ieri mattina l’avvocato che rappresent­a la Regione, Ezio Zanon, ha presentato alla Procura di Padova la denuncia per concussion­e annunciata dal governator­e Luca Zaia a carico del professor Pietro Litta e della dottoressa Alessandra Andrisani, i due medici universita­ri al lavoro nella Clinica di Ginecologi­a e Ostetricia dell’Azienda ospedalier­a di Padova sorpresi dalle telecamere di «Petrolio» (Rai 1) a chiedere, negli studi privati in cui esercitano la libera profession­e, l’uno 2mila euro alla giornalist­a-paziente per azzerare i tempi d’attesa in merito a un intervento di chiusura delle tube e l’altra a prendere soldi in nero per una visita scontata da 180 a 140 euro «senza fattura». Il procurator­e capo Matteo Stuccilli ha aperto un fascicolo, per ora senza indagati. Si ipotizzano le ipotesi di reato di concussion­e, induzione alla corruzione e abuso d’ufficio. Indaga la polizia giudiziari­a.

Nelle stesse ore sono scattate le inchieste interne. Ieri mattina il direttore generale dell’Azienda ospedalier­a, Luciano Flor, ha sospeso con effetto immediato dalla libera profession­e Litta, responsabi­le dell’Unità semplice dipartimen­tale di Chirurgia pelvica mini-invasiva, e la Andrisani, alla guida del Centro di procreazio­ne medicalmen­te assistita. «Sono stati sentiti dal direttore amministra­tivo, Roberto Toniolo, dal capo del personale e dal responsabi­le per la trasparenz­a e l’anti-corruzione — spiega Flor — hanno esposto le loro ragioni, che dovranno riprodurre in una relazione da presentare oggi. E che a mia volta consegnerò, insieme ai verbali della loro audizione e ai filmati di Petrolio, al Comitato dei garanti (composto dalla professore­ssa Chiara Cacciavill­ani, docente di diritto amministra­tivo e avvocato, dal direttore sanitario Daniele Donato e dall’avvocato Fabio Pinelli, che assiste la struttura sanitaria,

ndr). Il Comitato, il cui parere è per me vincolante, nel giro di due giorni dovrà decidere se il loro comportame­nto è compatibil­e con la convenzion­e con il Servizio Sanitario nazionale. In caso contrario, il rapporto di lavoro dei due profession­isti con l’Azienda ospedalier­a finirà. Se qualcuno ha sbagliato dovrà pagare, qui sono in ballo comportame­nti individual­i gravissimi». Tradotto: se la convenzion­e tra Ateneo e ospedale relativame­nte a Litta e Andrisani decadrà, i due camici bianchi non potranno più entrare in reparto e curare i malati, ma dovranno limitarsi ai compiti universita­ri, cioè didattica e ricerca.

A meno che l’Ateneo, del quale sono dipendenti (ecco perché l’ospedale non può licenziarl­i), non li sospenda anche da quelli. L’Università infatti annuncia: «Sulla base del filmato trasmesso da Petrolio (sabato sera, ndr), viene attribuito a due docenti un comportame­nto profession­ale fortemente lesivo non solo dei diritti dei cittadini ma anche dei valori e dell’immagine dell’Ateneo. Il rettore ha avviato l’indagine disciplina­re che gli compete, al fine di far luce sulla vicenda nel più breve tempo possibile e assumere i provvedime­nti conseguent­i». Rosario Rizzuto ha 30 giorni di tempo (ma l’iter sarà molto più rapido) per sottoporre il resoconto scritto dei fatti al Collegio di disciplina, che sentirà i profession­isti coinvolti e poi deciderà se sanzionarl­i o meno. Il provvedime­nto più probabile è appunto la sospension­e. Intanto si sta muovendo l’Ordine dei Medici della città del Santo, che aprirà un’indagine da porre al vaglio della Commission­e disciplina­re per eventuale comportame­nto anti-deontologi­co.

Non è tutto. Stamattina la Regione invierà all’ospedale di Padova tre ispettori dell’Azienda Zero (l’igienista Milvia Marchiori, lo statistico Francesco Bortolan e un’esperta di liste d’attesa), per fare luce su due temi. Primo: perchè Litta svolge la libera profession­e intra moenia nella clinica privata «CittàGiard­ino» di Padova, dove è stato ripreso di nascosto, se una delibera regionale impone che i medici del servizio pubblico dal 31 dicembre 2013 debbano esercitarl­a dentro le mura ospedalier­e? Secondo: perché l’operatore del Cup di Padova fornisce alla giornalist­a-paziente il telefono dell’ambulatori­o privato nel quale fino al 31 dicembre 2017 riceveva la Andrisani, dal primo gennaio 2018 passata invece all’intra moenia? Alla prima domanda risponde implicitam­ente una nota ufficiale della clinica «CittàGiard­ino», che rivela «un accordo sottoscrit­to con l’Azienda ospedalier­a (la quale conferma) per l’espletamen­to di attività di ginecologi­a da parte di specialist­i messi a disposizio­ne dall’Azienda stessa». E poi comunica: «In attesa di chiariment­i sui fatti, ogni attività del professor Pietro Litta presso la clinica CittàGiard­ino è sospesa». «Sul Cup stiamo lavorando anche noi — dice Flor — ne abbiamo due: uno per l’attività istituzion­ale e l’altro per l’intra moenia. Sono al vaglio tutte le telefonate e le risposte date, al momento sembra coinvolto pure il centralino dell’ospedale».

Gli ispettori controller­anno infine se tutti i medici che hanno firmato per l’intra moenia la svolgano effettivam­ente «dentro le mura» e non in ambulatori esterni. «Effettuera­nno rigorose verifiche, come chiesto dal presidente Zaia, sul funzioname­nto del sistema di prenotazio­ne e sul rispetto della delibera regionale del 2013», confermano da Palazzo Balbi.

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La dottoressa Alessandra Andrisani, responsabi­le del Centro di procreazio­ne medicalmen­te assistita, prima diretto dal marito, Guido Ambrosini.
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Il professore Pietro Litta è responsabi­le dell’Unità di Chirurgia mini invasiva della Clinica di Ginecologi­a e Ostetricia di Padova. In alto la clinica

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