Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Sospesi i due medici: e adesso la procura indaga per concussione
Inchiesta aperta. Sospesi Litta e la specialista che non faceva fattura, verifiche anche sul Cup
Flor Aspetto la decisione dei garanti, rischiano di non entrare più in corsia Rizzuto Anche l’ateneo ha avviato una indagine disciplinare sui medici
Detto, fatto. Ieri mattina l’avvocato che rappresenta la Regione, Ezio Zanon, ha presentato alla Procura di Padova la denuncia per concussione annunciata dal governatore Luca Zaia a carico del professor Pietro Litta e della dottoressa Alessandra Andrisani, i due medici universitari al lavoro nella Clinica di Ginecologia e Ostetricia dell’Azienda ospedaliera di Padova sorpresi dalle telecamere di «Petrolio» (Rai 1) a chiedere, negli studi privati in cui esercitano la libera professione, l’uno 2mila euro alla giornalista-paziente per azzerare i tempi d’attesa in merito a un intervento di chiusura delle tube e l’altra a prendere soldi in nero per una visita scontata da 180 a 140 euro «senza fattura». Il procuratore capo Matteo Stuccilli ha aperto un fascicolo, per ora senza indagati. Si ipotizzano le ipotesi di reato di concussione, induzione alla corruzione e abuso d’ufficio. Indaga la polizia giudiziaria.
Nelle stesse ore sono scattate le inchieste interne. Ieri mattina il direttore generale dell’Azienda ospedaliera, Luciano Flor, ha sospeso con effetto immediato dalla libera professione Litta, responsabile dell’Unità semplice dipartimentale di Chirurgia pelvica mini-invasiva, e la Andrisani, alla guida del Centro di procreazione medicalmente assistita. «Sono stati sentiti dal direttore amministrativo, Roberto Toniolo, dal capo del personale e dal responsabile per la trasparenza e l’anti-corruzione — spiega Flor — hanno esposto le loro ragioni, che dovranno riprodurre in una relazione da presentare oggi. E che a mia volta consegnerò, insieme ai verbali della loro audizione e ai filmati di Petrolio, al Comitato dei garanti (composto dalla professoressa Chiara Cacciavillani, docente di diritto amministrativo e avvocato, dal direttore sanitario Daniele Donato e dall’avvocato Fabio Pinelli, che assiste la struttura sanitaria,
ndr). Il Comitato, il cui parere è per me vincolante, nel giro di due giorni dovrà decidere se il loro comportamento è compatibile con la convenzione con il Servizio Sanitario nazionale. In caso contrario, il rapporto di lavoro dei due professionisti con l’Azienda ospedaliera finirà. Se qualcuno ha sbagliato dovrà pagare, qui sono in ballo comportamenti individuali gravissimi». Tradotto: se la convenzione tra Ateneo e ospedale relativamente a Litta e Andrisani decadrà, i due camici bianchi non potranno più entrare in reparto e curare i malati, ma dovranno limitarsi ai compiti universitari, cioè didattica e ricerca.
A meno che l’Ateneo, del quale sono dipendenti (ecco perché l’ospedale non può licenziarli), non li sospenda anche da quelli. L’Università infatti annuncia: «Sulla base del filmato trasmesso da Petrolio (sabato sera, ndr), viene attribuito a due docenti un comportamento professionale fortemente lesivo non solo dei diritti dei cittadini ma anche dei valori e dell’immagine dell’Ateneo. Il rettore ha avviato l’indagine disciplinare che gli compete, al fine di far luce sulla vicenda nel più breve tempo possibile e assumere i provvedimenti conseguenti». Rosario Rizzuto ha 30 giorni di tempo (ma l’iter sarà molto più rapido) per sottoporre il resoconto scritto dei fatti al Collegio di disciplina, che sentirà i professionisti coinvolti e poi deciderà se sanzionarli o meno. Il provvedimento più probabile è appunto la sospensione. Intanto si sta muovendo l’Ordine dei Medici della città del Santo, che aprirà un’indagine da porre al vaglio della Commissione disciplinare per eventuale comportamento anti-deontologico.
Non è tutto. Stamattina la Regione invierà all’ospedale di Padova tre ispettori dell’Azienda Zero (l’igienista Milvia Marchiori, lo statistico Francesco Bortolan e un’esperta di liste d’attesa), per fare luce su due temi. Primo: perchè Litta svolge la libera professione intra moenia nella clinica privata «CittàGiardino» di Padova, dove è stato ripreso di nascosto, se una delibera regionale impone che i medici del servizio pubblico dal 31 dicembre 2013 debbano esercitarla dentro le mura ospedaliere? Secondo: perché l’operatore del Cup di Padova fornisce alla giornalista-paziente il telefono dell’ambulatorio privato nel quale fino al 31 dicembre 2017 riceveva la Andrisani, dal primo gennaio 2018 passata invece all’intra moenia? Alla prima domanda risponde implicitamente una nota ufficiale della clinica «CittàGiardino», che rivela «un accordo sottoscritto con l’Azienda ospedaliera (la quale conferma) per l’espletamento di attività di ginecologia da parte di specialisti messi a disposizione dall’Azienda stessa». E poi comunica: «In attesa di chiarimenti sui fatti, ogni attività del professor Pietro Litta presso la clinica CittàGiardino è sospesa». «Sul Cup stiamo lavorando anche noi — dice Flor — ne abbiamo due: uno per l’attività istituzionale e l’altro per l’intra moenia. Sono al vaglio tutte le telefonate e le risposte date, al momento sembra coinvolto pure il centralino dell’ospedale».
Gli ispettori controlleranno infine se tutti i medici che hanno firmato per l’intra moenia la svolgano effettivamente «dentro le mura» e non in ambulatori esterni. «Effettueranno rigorose verifiche, come chiesto dal presidente Zaia, sul funzionamento del sistema di prenotazione e sul rispetto della delibera regionale del 2013», confermano da Palazzo Balbi.