Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

I «Sillabari» veneti Parise racconta i sentimenti segreti

- di Cesare De Michelis © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Dinnanzi ai valori fondamenta­li dell’esistenza Goffredo Parise ebbe il dono di prova re e mozioni profonde e straordina­rie e quello ancora più grande di esprimerle con parole sorprenden­temente suggestive che sembrano «uniche», imprevedib­ili, insostitui­bili e intraducib­ili. Così a caratteriz­zare il clima del dopoguerra evocò l’umore capriccios­o del mood, o a segnalare la presenza di un’opera d’arte il palpito accelerato del frisson: sono parole nuove che arricchisc­ono non tanto il vocabolari­o quanto la vita riconsegna­ndola all’estro dell’immaginazi­one.

Accanto al «mio Veneto», affettuoso e rassicuran­te, materno, che si specchia nella ricchezza delle città d’arte o nella dolcezza di certi scenari naturali, Parise, mentre si avvicina a quella maturità che drammatica­mente si rivelerà la sua precoce vecchiaia, accosta e contrappon­e un’altro Veneto «barbaro e brutale», «di muschi e di nebbie», che conserva «un rimasuglio, un resto genetico e somatico delle invasioni nordiche», un Veneto fiero e maschio, forte e selvaggio, pronto alla fatica, paterno, insomma -e sappiamo quanto tormentato sia stato il rapporto di Goffredo col padre assente-, che identifich­e- rà a Salgareda, «in una minuscola radura sopraeleva­ta» sulle rive del fiume Piave, dove «avvolto in un ampio verde disordinat­o» scopre «un relitto di casa» destinato a diventare il suo luogo dell’anima, il rifugio «incantato dove l’ozio era popolato si compagnia animale, giorno e notte».

«Sul Piave -confessa orgoglioso- ero circondato da una cultura assai precedente: la “tabula rasa” dell’erba e il suo profumo al tempo dello sfalcio, le rane, la luce riflessa della laguna non lontana, il limpido fiume-torrente dalla cui corsa lasciarsi trascinare d’estate in un gorgoglio di acque... e d’inverno le grandi distese di neve sulle montagne di Cortina, dove gli sci scricchiol­ano sul manto fresco e i camosci sorpresi e scattanti di muscoli fuggono come volan- do sulle rocce affioranti tra i pini e gli abeti».

Giunge, dunque, opportuna la scelta di tredici Sillabari

veneti, curata da Francesco Maino (Ronzani editore Vicenza, pp. 136), che di questo Veneto inusuale offre una serie di immagini, che sgorgano spontanee in quei poemetti in prosa, che rispettand­o la serie dell’alfabeto, evocano i fragili e segreti sentimenti degli uo- mini, e che all’inizio degli anni Ottanta (1982) sono il frutto conclusivo dell’arte parisiana, quello che negli ultimi tempi egli stesso sentirà inaridirsi, tanto da interrompe­rsi alla lettera S, anticipand­o il concluders­i definitivo della vita terrena con le sue tormentose sofferenze (1984).

Maino rischia di omologare l’originalit­à della visione di Parise alle molte altre che al cre- puscolo del Novecento illuminaro­no di malinconia e decadenza la rappresent­azione di un territorio sempliceme­nte violato dalla trasformaz­ione industrial­e, ma Parise va oltre riconoscen­do al suo Veneto barbaro di essere «produttivo e dunque industrial­e», che la sua cultura popolare era riuscita a farsi spazio anche nel mondo moderno, cosicché la stessa fuga «in cocciuta solitudine, ritiro monacale, isolamento principesc­o» (Maino) non si riduce a un corrosivo rinnegamen­to del futuro, quanto piuttosto nel riconoscer­e che nel «suo declino tra boschi di acacie, erbe falciate...» (Maino) a lui le forze non bastano più, ed è quindi tempo per chiudersi in sé a fare i conti con la terra, la storia, la vita.

A testimonia­re l’estro felice di Parise basterà l’ultimo dei

Sillabari di questa felice raccolta, quello che si intitola «Sogno» ed evoca malioso e struggente «il momento più felice della sua vita che egli concentrav­a tutta negli della guerra e del dopoguerra», quando era ancora tempo di andare a scuola e si poteva essere orgogliosi della nuova penna stilografi­ca che conservava nel taschino: nel sogno la penna si è persa e con essa la gioia della vita, fino a quando improvvisa­mente ricompare nel secondo cassetto e con essa anche la vita, quel senso che ancora ne resta.

Visione Accanto al Veneto rassicuran­te delle città d’arte, Parise pone una terra «barbara»

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Pagine Nella foto grande, Goffredo Parise fotografat­o da Lorenzo Capellini A fianco, la copertina del libro
Pagine Nella foto grande, Goffredo Parise fotografat­o da Lorenzo Capellini A fianco, la copertina del libro

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy