Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
E la rivelazione choc su Toni Sailer scatena la bufera
CORTINA «Da non crederci». Kristian Ghedina commenta la rivelazione choc su Toni Sailer, il re di Cortina ’56, che avrebbe violentato una polacca nel ‘74. Bufera in Austria.
«Questa CORTINA D’AMPEZZO (BELLUNO) poi. Cado dalle nuvole». La voce di Kristian Ghedina è rotta da un’autentica sorpresa. È una brutta immagine quella che gli arriva dall’Austria, mentre Cortina festeggia, giustamente ignara, il successo delle gare di Coppa del Mondo femminile: oggi le glorie di Lindsay Vonn sulle Tofane; ieri Toni Sailer, il re di Cortina ’56, l’uomo dei record olimpici con i tre ori in discesa libera, Slalom gigante e Speciale, il bell’austriaco alto, dai capelli nerissimi e dal sorriso smagliante dei rotocalchi, che in un remoto albergo della Polonia violenta una donna e la manda in ospedale. «Da non crederci». Eppure forse è andata proprio così: sull’icona dell’Austria, sulla leggenda di «Der Schwarze Blitz aus Kitz», il lampo nero di Kitzbühel, si allungano in queste ore ombre inquietanti. Il «forse» è d’obbligo, in una storia che in Austria sta occupando le cronache, nel pieno della campagna #metoo: una prova definitiva che davvero, quella notte del 4 marzo 1974, Sailer costringesse Janine S., prostituta polacca, a un violento rapporto sessuale, procurandole lesioni gravissime, non c’è. A dirlo sono per primi i giornalisti delle testate «Dossier» e «Der Standard» e della televisione pubblica ORF che con la loro inchiesta hanno fatto esplodere la bomba. «Non c’è mai stato un processo, né una sentenza. Ma ci sono lettere ufficiali e finora segrete inequivocabili, rispetto all’imbarazzo della diplomazia austriaca e polacca di allora. E poi c’è quella incarcerazione», spiega in esclusiva al
Corriere del Veneto Fritz Neumann, uno dei reporter che hanno firmato il servizio, e che ha visto le carte dell’Archivio di Stato austriaco. Ma andiamo con ordine. È il 1974, Sailer si trova in Polonia, presso l’Hotel Sport di Zakopane, come dirigente della nazionale austriaca di sci. Nella notte del 4 marzo all’ospedale locale viene ricoverata una prostituta di nazionalità polacca, di 28 anni. Riporta ferite e segni di violenza sulle gambe e in altre parti del corpo. L’accusa è terribile: Toni Sailer, ubriaco, con l’aiuto di due jugoslavi che lavoravano per un marchio di scarpe da sci italiane e che la tenevano ferma, l’avrebbe violentata. Le lesioni sono così gravi che il medico sporge denuncia. Sailer viene arrestato. Resterà in carcere poche ore, perché lo Stato austriaco paga una cauzione di 100mila scellini per la sua liberazione. «Fino a qui, a dire il vero, la storia era nota alle cronache austriache. Ma è stata dimenticata, o fatta dimenticare. Dopo qualche breve articolo, la stampa smise subito di parlarne», ricostruisce Neumann. L’episodio, che Sailer affermò corrispondere a un trappola, negando le violenze, compare in una vecchia biografia di Sigi Bergmann. «La nostra inchiesta ha però rivelato il tentativo dei governi di celare il fatto, e l’imbarazzata, frenetica trattativa segreta che ne seguì». Come mostrano documenti finora inediti, la diplomazia austriaca si mosse con un solo obiettivo: impedire che la Polonia socialista aprisse un procedimento giudiziario contro Sailer, per «proteggere l’eroe popolare dalle conseguenze della violenza». Il dramma durò più di un anno, alla fine l’Austria riuscì a bloccare l’avvio del processo all’atleta. Caso chiuso. I due jugoslavi accusati di averlo aiutato nello stupro, a oltre quarant’anni di distanza, offrono versioni discordanti: per uno dei due il fatto «potrebbe essere vero», per l’altro «fu una trappola». Giovedì, mentre in Austria la polemica divampava, il ministro dello Sport di estrema destra Stra che ha sciovinistica mente liquidato l’inchiesta come «una brutta cosa, che danneggia il turismo austriaco». Ma a Vienna sono in molti, anche tra coloro che nel 2009 avevano salutato commossi la sua scomparsa, a vedere l’icona dello sci con occhio diverso. E a Cortina qualcuno tira un paradossale sospiro di sollievo: l’idea originaria di intitolare una pista della Tofana all’eroe del ’56 era stata accantonata già un paio d’anni fa. In tempi non sospetti. La festa, verso i Mondiali, può continuare. pettorale non senza prima farselo firmare.
«Mi manca il pettorale della Vonn», dice e per oggi non l’avrà: la dea non fa il percorso dei comuni mortali, prende però quello della Nadia Franchini, incassa il numero di partenza della Laura Gauce e incamera anche quelli di svariate austriache e svizzere.
«Quella che se la tira di più in ogni caso è la Anna Fenninger ora signora Weith per via del nome del marito».
Ed era lì che faceva di conto quando gli si è avvicinato un austriaco: «Lei sta togliendo spazio ai bambini, non va bene». Ecco, sono molte le differenze tra il tifo austriaco e italiano, una di sicuro è proprio questa.
L’accompagnatore Lindsey? È meravigliosa, sempre gentile e disponibile, davvero una vera star