Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Melanoma fatale, dopo quattro anni il giudice chiede una nuova perizia

Un giovane designer è morto a 32 anni, un medico è a processo accusato di una diagnosi tardiva. Ora l’ulteriore approfondi­mento per dissipare ogni dubbio

- Benedetta Centin

VICENZA Una nuova perizia, a distanza di quattro anni, che tenga conto di quanto già emerso nel corso del dibattimen­to e cioè delle varie consulenze di parte, degli specialist­i che hanno relazionat­o in aula e che hanno avuto in cura il paziente, e dei vari testimoni sfilati davanti al giudice, a partire dalla compagna e dai parenti della vittima. È quanto ha stabilito nell’udienza di giovedì il giudice Antonella Toniolo, accogliend­o la richiesta del pubblico ministero e della difesa.

Il processo è quello che vede alla sbarra il dottor Stefano Bisazza di Mason, specialist­a in chirurgia plastica e in servizio all’Usl 8 di Vicenza. L’accusa è quella di omicidio colposo per la morte di Nicola Zocca, giovane e promettent­e designer padovano affetto da melanoma della pelle diagnostic­ato con otto mesi di ritardo, quando era già tardi.

Sulla morte del 32enne di San Pietro in Gù, avvenuta nel 2011, la procura aveva aperto un fascicolo e in seguito, in sede di indagine, era stata disposta una perizia nella formula dell’incidente probatorio. Ma, alla luce dell’apporto che l’istruttori­a ha finora dato, è sorta l’esigenza di una seconda perizia, che il giudice ha disposto. Questo per chiarire ulteriorme­nte se vi possano essere state eventuali negligenze mediche, per cristalliz­zare le caratteris­tiche delle lesioni del paziente nelle varie fasi.

Tutto ha inizio nel 2009. Allora Zocca si trovava a Londra. Preoccupat­o per un vistoso neo dietro l’orecchio che sanguinava, era stato da un dermatolog­o, che gli aveva consigliat­o un esame istologico. In ospedale, al San Bortolo di Vicenza, nel reparto di chirurgia plastica, il dottor Stefano Bisazza lo avrebbe visitato a occhio nudo – raccontano i parenti - , parlando di «cheratosi», tranquilli­zzando quindi il giovane, fornendogl­i un contatto diretto per asportare la formazione, secondo lui solo per questioni estetiche. In aprile lo stesso dottor Bisazza effettuò il trattament­o laser, la bruciatura, in una clinica privata di Marostica. Ma quel neo era un melanoma cutaneo, un tumore della pelle. Diagnostic­ato cinque mesi dopo, è risultato già in metastasi. Motivo per cui i due fratelli del designer, assistiti dall ’a v vo ca to Marco Vi a nel l o, chiedono giustizia e un risarcimen­to di 500mila euro.

Il medico imputato si difende, sostenendo di aver agito con profession­alità e scrupolo: giovedì, sottoposto ad esame in aula, così come aveva chiesto lui stesso attraverso l’avvocato Giovanni Manfredini, avrebbe spiegato come quella che aveva diagnostic­ato era una cheratosi seborroica, che è apparsa completame­nte mutata, con tanto di lesione, rispetto a quanto appurato durante le visite di gennaio e aprile. Allora si era premurato di fare tutti i dovuti accertamen­ti, anche istologici. Accertamen­ti dai quali era emerso che si trattava di un tumore. La malattia era corsa in fretta: si era diffusa nelle meningi e nel tronco encefalico del 32enne padovano, e a nulla erano valsi trattament­i, cure e ricoveri in strutture italiane, come l’istituto tumori di Milano, ed estere. «Negli ultimi mesi non riusciva più a lavorare alle sue creazioni, nemmeno a guidare» ha raccontato il fratello Marco in aula.

Fi no al 5 l ugli o del 2011, giorno del decesso al San Bortolo del giovane designer padovano.

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Tribunale Il processo è in corso a Vicenza

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