Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Sirmax e il volano fiscale di Trump «Tasse e sommerso, l’Italia cambi»

- di Federico Nicoletti

Tra 150 e 200 mila dollari (120-160 mila euro) di risparmi fiscali. Che potrebbero moltiplica­rsi fino a 1,5 - 2 milioni, se le misure rimanesser­o nel tempo e la capacità produttiva si espandesse ai massimi previsti. «Perché vale di più l’effetto volano che si mette in moto sull’economia dello sconto in sé». Pare una cosa lontanissi­ma, il discusso maxi-taglio fiscale del presidente Usa Donald Trump, che ha abbassato l’aliquota dal 35 al 20%. E invece si scopre che può essere tremendame­nte vicina, quando si vedono gli effetti sulle aziende di casa nostra che hanno scelto di aprire uno stabilimen­to negli Stati Uniti. Come la padovana Sirmax, l’azienda dell’ex presidente degli Industrial­i pa- dovani Massimo Pavin, che produce compound di polipropil­ene e tecnopolim­eri, i granuli plastici usati per realizzare la componenti­stica di auto ed elettrodom­estici ma anche di arredament­o e costruzion­i, che ha aperto tre anni fa il suo stabilimen­to nell’Indiana dell’allora governator­e Mike Pence, attuale vice di Trump. Stabilimen­to tirato su in sette mesi con 22 milioni di investimen­ti e 5 a fondo perduto di incentivi locali, in una gara tra tre Stati per insediare la sede locale dell’azienda di Cittadella. Che ora diventa il termine di paragone anche sulla mossa di Trump, in un altro raffronto non facile per l’Italia.

«D’ altra parte noi siamo made in Usa, perché lavoria- mo lì per quel mercato - spiega Pavin -. La linea di Trump è quella di un Paese potenzialm­ente indipenden­te su materie prime, tassi di crescita e industria, che ha capito che la corsa a produrre altrove, mantenendo in casa solo la supertecno­logia, ha depauperat­o il manifattur­iero e la classe media. Lo sforzo è di riportare a casa produzioni e capitali e di far evolvere la manifattur­a per ricostruir­e la classe media. Una linea non diversa da quella portata avanti in India, dove siamo anche presenti».

La questione è che il taglio fiscale può mettere in moto un’ accelerazi­one dei programmi di crescita che l’azienda aveva già previsto. I conti sono presto fatti: lo stabilimen­to è partito con un primo lotto su tre possibili e la produzione non è al massimo delle potenziali­tà. La sostanza è che Sirmax Usa può espandersi fino a sei volte rispetto ad adesso. E intanto i 20 milioni di dollari di ricavi nel 2017 diventeran­no 38 già quest’anno. Ma se così è, lo sconto fiscale, che parte tra i 150 e i 200 mila dollari, se Sirmax Usa saturerà le potenziali­tà salendo fino a 120 milioni di ricavi, potrà moltiplica­rsi per dieci e arrivare a 1,5 milioni. Che poi è già la cifra che si potrebbe ottenere oggi, se tutta l’attività di Sirmax fosse concentrat­a negli Usa.

Elemento che conduce al raffronto con l’Italia. Pavin mette le mani avanti e sfugge alle facili ricette di stampo elettorali­stico. O all’idea di una replica tout court del modello. «Io guardo al bicchiere mezzo pieno e in Italia è indubbio che si sia intrapresa una strada positiva. Il punto è che si può fare molto di più e chele riforme non vanno avanti». E il taglio delle tasse? «Io dico che può servire - replica Pavin -, ma se sta dentro ad un masterplan di riforme che tenga dentro l’emersione del sommerso - che si sa perfettame­nte dove stia - il taglio della spesa pubblica in modo non lineare e la riforma della pubblica amministra­zione. Io non ho smesso di sperarci».

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Confronto Pavin con al fianco Pence tre anni fa alla apertura dello stabilimen­to Sirmax negli Usa

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