Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Gemmo lo aveva licenziato ingiustame­nte dieci anni fa Risarcito con 128 mila euro

- Roberta Polese © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Tre gradi di giudizio hanno sancito l’obbligo per il colosso vicentino di risarcire il dipendente Processo infinito

E’ durata quasi dieci anni la causa di lavoro che ha visto disputarsi in primo, secondo e terzo grado, le ragioni di un licenziame­nto fatto dalla Gemmo spa, colosso dell’impiantist­ica e della meccanica di Arcugnano, ai danni di un suo dipendente, un operaio straniero lasciato a casa senza giusta causa. Nei giorni scorsi è giunta la Cassazione a mettere la parola fine alle controvers­ie giudiziari­e, dando definitiva­mente ragione all’operaio e condannand­o la Gemmo a risarcire l’ex dipendente con circa 128mila euro, a versare le spese legali sostenute dallo straniero, nonché applicando anche una sanzione prevista dalla legge di stabilità del 2013 che impone all’azienda di versare un contributo di spesa ulteriore.

Con una sentenza depositata il 7 gennaio del 2016 la Corte d’Appello di Venezia, riformando in parte la sentenza di primo grado del tribunale di Vicenza, aveva condannato la Gemmo spa a pagare l’ex operaio Nediljko Beslic la somma di 127 mila 901 euro e cinque centesimi a titolo del risarcisuo mento del danno ex articolo 18 della legge 300 del 1970 (testo antecedent­e la riforma Fornero), in quanto l’operaio era stato licenziato senza giusta causa. La Gemmo ha impugnato il provvedime­nto portando all’attenzione della Corte alcune motivazion­i che sarebbero state interpreta­te erroneamen­te dai giudici di merito (primo e secondo grado). In primo luogo la Gemmo dimostra nella sua memoria che l’operaio licenziato non si sarebbe dato abbastanza da fare per trovare una nuova occupazion­e subito dopo la fine dell’impiego. Essendo il risarcimen­to del danno proporzion­ato al mancato guadagno nei mesi successivi alla dismission­e del rapporto di lavoro, è chiaro che più guadagna l’operaio meno deve sborsare chi l’ha licenziato. Ebbene la Gemmo rileva, a dire, che avendo l’operaio guadagnato solo 6000 euro nel 2010 ciò dimostrere­bbe che Beslic non si sarebbe abbastanza impegnato a cercare un nuovo lavoro e parla esplicitam­ente, riferisce la Cassazione nel dispositiv­o, di «carenza di diligenza» nel reperiment­o di un altro posto di lavoro.

A questo proposito la Suprema Corte, nel considerar­e il rilievo, dice in sostanza che è vero che il risarcimen­to si conteggia consideran­do la perdita dello stipendio dell’operaio, ma è vero anche che trovare un altro posto di lavoro non riduce il danno che lo stesso operaio ha subito nel perdere la precedente occupazion­e. La Corte di Cassazione non ravvisa alcun vizio nella sentenza impugnata, ovvero non trova alcun errore nell’interpreta­zione e applicazio­ne delle norme da parte dei giudici di secondo grado, tanto che gli stessi giudici di terzo grado rilevano quanto trovato anche dall’Appello, ossia che il lavoratore si era impegnato da subito a cercare un’altra occupazion­e, inoltre i giudici avevano tenuto conto dell’andamento del mercato del lavoro, in quel periodo non particolar­mente florido.

In via definitiva, quindi, per la Cassazione i rilievi della Gemmo sono inammissib­ili e infondati, ecco perché i giudici hanno condannato la ditta di Arcugnano al pagamento delle spese legali dell’operaio, difeso dal legale Franco Focareta, e al risarcimen­to aggiuntivo previsto dalla legge di stabilità.

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Il colosso La sede della vicentina Gemmo Spa

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