Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Solo un contratto a tempo su 6 può diventare indeterminato
Quante sono le posizioni di lavoro, in Veneto, coperte con contratti a termine per tutto l’anno e che dunque, in un ragionamento teorico, potrebbero essere convertite in rapporti a tempo indeterminato? Secondo Veneto Lavoro queste, nel 2016, erano «nascoste» in poco più di 10 mila aziende su un totale di quasi 60 mila che hanno fatto ricorso a contratti precari per almeno un mese su 12. Perciò, è il ragionamento proposto da Bruno Anastasia, responsabile delle ricerche dell’Osservatorio del mercato del lavoro dell’agenzia regionale, «se ne ricava che lo spazio per una riduzione dei contratti a tempo determinato, anche avessero effetto pieno le ultime norme approvate per disincentivare il ricorso al contratto a termine, è importante ma non risolutivo, perché la parte maggioritaria risulta spiegata da posti di lavoro effettivamente temporanei». Passando dal peso in termini di aziende a quello di posti di lavoro singoli, l’elaborazione rileva come nelle aziende in cui si è osservato il ricorso al contratto a termine per tutto l’anno i lavoratori interessati siano stati, nel mese di minore impiego, circa 40 mila, cioè meno di un terzo del valore calcolato per tutti i contratti a termine. Ma c’è un altro importante aspetto che deve essere tenuto in considerazione per uscire dal modello astratto a quello reale. Fra i luoghi in cui si impiegano lavoratori a termine per coprire posizioni attive da gennaio a dicembre vanno annoverati quelli della pubblica amministrazione in cui spesso le stabilizzazioni non sono possibili perché bloccate dalle leggi di spending review (vedi il caso della scuola). Spostando il ragionamento sulle imprese che, invece, assumono forza lavoro con contratti a scadenza solo per alcuni mesi l’anno si dovrebbe invece ricavare che, per queste, il tempo determinato è una soluzione che risponde in modo autentico a fabbisogni di manodopera condensati in precisi periodi dell’anno. L’analisi di Veneto Lavoro trova d’accordo la Cgil regionale: «L’abolizione dell’art. 18 e l’introduzione delle tutele crescenti non hanno determinato una moltiplicazione del tempo indeterminato», fa notare Christian Ferrari, segretario generale del sindacato rosso in Veneto.