Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Lui e lei in aula per reciproco stalking
BELLUNO
Uniti nell’amore e ancora di più nella discordia. È un storia curiosa quella che arriva da Ponte nelle Alpi in provincia di Belluno e che riguarda un uomo e una donna che hanno continuato a rincorrersi anche dopo che la loro storia era già finita. Curiosa, anche se drammatica, perché due ex amanti si sono trasformati in carnefici e vittime l’uno dell’altra. Lui 47 anni con una figlia avuta da un’altra donna, lei 44. Un amore ossessivo, forse malato, che li vede ora a processo in tribunale a Belluno con l’accusa, per entrambi, di atti persecutori e, solo per lei, di diffamazione. E così, anche una volta finita la loro relazione, continueranno ad essere accomunati dallo stesso destino, anche se solo giudiziario.
Tutto è iniziato a metà del 2015. La loro storia d’amore era terminata da alcuni mesi, ma i suoi strascichi non si erano ancora attenuati. Solo che, a tenerli uniti, non era più quell’affetto che permane alla fine di un fidanzamento, bensì l’odio reciproco. E così lei ha iniziato a spedirgli una serie di messaggi su Whatsapp, contenenti offese e minacce sempre più pesanti. Poi ha iniziato a pedinarlo e a passare dagli insulti sulla tastiera a quelli di persona. Lui, che nel frattempo si era rifatto una vita e aveva iniziato a convivere con una nuova compagna, non è rimasto a guardare, e da vittima si è trasformato in aggressore. È passato all’attacco, dando inizio a una serie di appostamenti sotto la casa della ex.
È così partita la «guerra dei Roses» in salsa bellunese: non mobili e case lussuose distrutte, come nel celebre film, ma comunque una guerra di nervi, condotta a colpi di insulti e sempre più pesanti. Se la quarantaquattrenne è passata alle offese su Facebook, con post come «tutelati pure ma resterai sempre un malato mentale schifoso…», oppure, pubblicando sui social una foto della figlia di lui, ha insultato la ragazza additandola come la figlia di un «ubriacone», lui ha iniziato a farsi vedere nei luoghi da lei frequentati, bar e negozi, seguendola anche in auto. Se lei ha messo in giro la voce di essere incinta di lui, ed è arrivata ad auguragli la morte, lui ha risposto di persona, assicurandole che, prima o poi, l’avrebbe ammazzata, al punto da mimare il gesto di tagliarle la gola. Un crescendo di violenza, quindi, al punto che entrambi hanno iniziato a vivere con la paura, a soffrire di insonnia e crisi di panico, con «un generale stato d’ansia», formula comunemente usata dai magistrati per descrivere la vita delle vittime di stalking. Fino alle rispettive denunce che hanno avviato le inchieste e che li hanno fatti rinviare a giudizio. Ora, ironia della sorte, saranno ancora una volta uniti di fronte al giudice. Si dice, di solito, che gli opposti si attraggano. In questo caso erano più simili di quanto, forse, si sarebbero mai aspettati.