Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Pozzobon, l’aspirante combattent­e rapito dai terroristi anti-Isis in Siria

L’imprendito­re scambiato per spia

- Andrea Priante © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TREVISO

Fabrizio Pozzobon, l’imprendito­re di Castelfran­co scomparso dal dicembre 2016, sarebbe tenuto prigionier­o dai miliziani di Al Nusra sulle montagne della Siria, dove si era recato per arruolarsi nell’Isis.

CASTELFRAN­CO VENETO (TREVISO)

Scambiato per una spia, rapito e tenuto prigionier­o sulle montagne siriane. Sarebbe questo il destino capitato a Fabrizio Pozzobon, l’imprendito­re di Castelfran­co Veneto con un passato di militanza nelle fila della Lega Nord.

È quanto emerge dall’ordinanza del tribunale di Milano che ha portato all’arresto di un egiziano residente in Lombardia e a un mandato di cattura nei confronti di suo figlio, nato in Bosnia. Sarebbe stato proprio quest’ultimo a rivelare, in alcune intercetta­zioni, di essere entrato in contatto con Pozzobon.

La fuga in Siria

Un passo indietro. Il trevigiano, 52 anni, titolare di una ditta di termoidrau­lica, aveva lasciato casa e familiari nel dicembre del 2016, per raggiunger­e la Turchia. In tasca il biglietto di rientro, fissato per febbraio. Dal giorno del suo arrivo a Istanbul ha inviato una manciata di messaggi ai conoscenti rimasti in Italia. «Tutto bene qui», scriveva. E poco altro. Fino alla foto arrivata nel telefonino di un amico, che ritraeva Pozzobon sorridente ma, sullo sfondo, i palazzi di una città bombardata.

L’immagine aveva attirato l’interesse della procura antiterror­ismo di Venezia e dei carabinier­i del Ros di Padova che non hanno impiegato molto a scovare i suoi profili Facebook, dove l’imprendito­re pubblicava foto di donne velate e, soprattutt­o, seguiva i gruppi gestiti dai sostenitor­i dello Stato Islamico, come quello «intitolato» a Jahidi John, il giovane britannico noto come il «Boia dell’Isis». Dalle indagini è emersa la strana figura di questo trevigiano che frequentav­a la chiesa del paese ma che negli ultimi tempi non faceva mistero della sua indignazio­ne per come alcuni Stati agivano nei teatri di guerra. Per gli inquirenti potrebbe quindi rientrare nella categoria di coloro che si sono avvicinati all’Isis non per motivi religiosi ma per «vicinanza alla causa»: quella di opporsi all’Occidente. Una personale battaglia ideologica, insomma.

Il sospetto è che dopo il suo arrivo a Istanbul si sia spostato verso il confine turco per poi entrare in Siria con l’intenzione di arruolarsi nello Stato Islamico. E la conferma arriva ora dall’indagine coordinata dalla procura di Milano.

Le carte dell’inchiesta

L’ordinanza del gip Carlo Ottone de Marchi ha portato in carcere Sayed Ahmed, 51 anni, un immigrato egiziano che abitava con moglie e figli in provincia di Como. Ricercato, invece, il figlio di 23 anni, Saged, che manca dall’Italia dal 30 giugno 2014, quando ha raggiunto la Siria per unirsi alle milizie di Nour el Dine al Zenki, una brigata di matrice terroristi­ca vicina ad Al Nusra, i «partigiani della Grande Siria», un gruppo armato jihadista salafita nato come «costola» di Al Qaeda con il proposito di rovesciare il governo di Assad. Nonostante il comune odio nei confronti dell’Occidente, tra i combattent­i di Al Nusra e quelli dell’Isis non corre buon sangue. E a farne le spese potrebbe essere stato proprio Pozzobon.

A spingere (e finanziare) l’avventura siriana di Saged, secondo l’antiterror­ismo sarebbe stato il padre. Ed è stato proprio quest’ultimo che, per allontanar­e i sospetti da sé, nel febbraio 2017si è presentato in questura a Como per raccontare di quel figliolo che aveva voluto a tutti i costi diventare jihadista. E aveva anche spiegato che Saged «era stato incaricato di svolgere la funzione di interprete, dalla lingua araba all’italiano, tra i componenti di un battaglion­e e un cittadino di origini venete catturato in quel periodo». Per il gip non c’è alcun dubbio: «Il cittadino italiano in oggetto è stato identifica­to in Fabrizio Pozzobon».

Il covo sulle montagne

Nell’ordinanza di arresto si ricostruis­ce quanto sarebbe accaduto: dopo l’ingresso in Siria, l’imprendito­re trevigiano è stato catturato in un villaggio poco lontano dal confine turco, dagli uomini di una brigata di Al Nusra. Rapito e tenuto nascosto «in un luogo montuoso non meglio definito», perché «ritenuto una spia» e per poterlo «eventualme­nte utilizzare nella mediazione di scambio di prigionier­i con le truppe governativ­e siriane o per chiedere un riscatto alle autorità italiane». È a questo punto che era entrato in gioco Saged - nome di battaglia (che usava per pubblicare le sue foto su Facebook) «Baraa l’egiziano» - chiamato dai «fratelli» dell’altra brigata per partecipar­e, come traduttore, agli interrogat­ori del prigionier­o. Neppure il 23enne - stando a quanto ha raccontato nelle telefonate al padre - sa di preciso dove si trovi il covo, perché «veniva condotto sul posto incappucci­ato al fine di impedirgli di individuar­e il tragitto, che veniva percorso effettuand­o diversi cambi auto».

Le tracce di Pozzobon si perdono nel giugno del 2017, quando Saged informa il padre di essere stato allontanat­o dalla brigata a cui appartenev­a per aver manifestat­o troppo apertament­e le sue simpatie nei confronti dell’Isis. La telefonata viene intercetta­ta. Il genitore gli chiede «se sia possibile vedere la questione di quest’uomo, se ci sono novità...». E lui assicura «Non ci sono novità». Per gli inquirenti è la conferma che «a seguito dei contrasti che si erano venuti a creare, Saged non faceva più l’interprete e non era più informato su quanto occorso a Pozzobon».

Il giudice di Milano Pozzobon è tenuto prigionier­o per poterlo eventualme­nte utilizzare nella mediazione di scambio di prigionier­i con le truppe governativ­e siriane o per chiedere un riscatto alle autorità italiane

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 ??  ?? L’imprendito­re e l’egiziano A sinistra, Fabrizio Pozzobon. Sotto, Saged Ahmed in una foto pubblicata sul suo profilo Facebook
L’imprendito­re e l’egiziano A sinistra, Fabrizio Pozzobon. Sotto, Saged Ahmed in una foto pubblicata sul suo profilo Facebook
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