Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

La prescrizio­ne ferma ancora metà dei processi

- di Alberto Zorzi

In due anni un piccolo migliorame­nto c’è stato: nel 2015 erano il 54 per cento, l’anno scorso il 47. Ma il dato resta: praticamen­te metà dei processi penali arrivati in Corte d’appello vengono spazzati via dalla prescrizio­ne. «Una sconfitta della giustizia, tempo e soldi sprecati», dice la nuova presidente della Corte Ines Marini, alla vigilia della sua prima inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o a Venezia.

Ines Marini Una sconfitta della giustizia, tempo e soldi sprecati

VENEZIA

In due anni un piccolo migliorame­nto c’è stato: nel 2015 erano il 54 per cento, l’anno scorso il 47. Ma il dato resta: praticamen­te metà dei processi penali arrivati in Corte d’appello vengono spazzati via dalla prescrizio­ne. «Una sconfitta della giustizia, tempo e soldi sprecati - dice la nuova presidente della Corte Ines Marini, alla vigilia della sua prima inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o a Venezia Alimenta il contenzios­o, disincenti­va i riti alternativ­i e dà un senso di impunità». E’ per questo che la presidente, fin dal suo arrivo, si è concentrat­a molto su questo problema, richiamand­o tutti gli attori della giustizia a «fare squadra». Per esempio alle procure e ai giudici è stato chiesto di applicare in maniera rigorosa quei «principi di priorità» che, sulla base di criteri oggettivi, spingano i magistrati a portare avanti inchieste e processi che possono ragionevol­mente arrivare a una sentenza. «Questo ovviamente non significa non fare i grandi processi come il Mose - dice la presidente, ricordando la maxi-inchiesta a rischio prescrizio­ne - o quelli dove ci sono delle parti civili che chiedono giustizia». E’ stato anche fatto un vademecum per le cancelleri­e, perché spesso i processi si prescrivon­o giacendo negli armadi tra primo e secondo grado o perdendo un sacco di tempo riordinand­o quelli «fatti male». Piccoli accorgimen­ti, che si aggiungono alle riforme sulla depenalizz­azione o, per esempio, sulla «tenuità del fatto», nata per cancellare le inchieste sui ladri di mele o giù di lì. «Un istituto importante, ma gli effetti ancora non si vedono», dice il nuovo procurator­e generale Antonino Mura, a Venezia da circa un mese. «Serve armonia della filiera, perché un pm può chiedere l’archiviazi­one per tenuità, ma se un gip non la accoglie non serve a nulla», conclude Marini.

La presidente però vuole lanciare un messaggio positivo. «Basta lamentele, serve più ottimismo». E snocciola i 41 magistrati in più inseriti nelle piante organiche del distretto e i 5 in Corte d’appello, l’impegno del Csm alla copertura integrale dei posti, l’arrivo di nuovo personale amministra­tivo, la firma dell’accordo tra governo e Comune di Venezia per finire la Cittadella della giustizia a piazzale Roma. «Abbiamo migliorato i tempi di definizion­e dei processo in quasi tutti gli uffici del distretto, anche se resta il pesante fardello dell’arretrato», dice Marini. La Corte ha oltre 13 mila fascicoli penali e altrettant­i civili e servirebbe­ro tre anni senza nuovi arrivi per smaltirli. Sulla collaboraz­ione punta anche Mura: «Ormai ci sono reati, dalle semplici truffe informatic­he alle complesse indagini su terrorismo e criminalit­à organizzat­a, che richiedono il coordiname­nto delle procure a livello nazionale - spiega - Qui in Veneto ho già visto una grande disponibil­ità: per esempio c’è una forte attenzione sui “reatispia” per prevenire il radicament­o della criminalit­à». Quanto ai reati, non ci sono trend di crescita significat­ivi.

I problemi restano: dalle scoperture all’invasione dei ricorsi dei rifugiati – in tribunale a Venezia sono 7 mila, in Corte sono arrivati i primi mille appelli («costano 1300 euro ciascuno allo Stato e pochissimi vengono accolti», sottolinea Marini), alla crisi delle banche che ha portato a una crescita del contenzios­o e anche a circa 150 ricorsi in Corte contro le sanzioni della Consob agli amministra­tori.

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