Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Inneggiava­no al jihad sui social espulsi due cugini macedoni

Vicini ai kosovari di Rialto

- Milvana Citter © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TREVISO

Due cugini macedoni, residenti in provincia di Treviso, sono stati espulsi su ordine del Ministro dell’Interno perchè considerat­i potenzialm­ente pericolosi: inneggiava­no all’Isis sui social.

TREVISO

Muratori, integrati quel poco che basta per essere conosciuti dai connaziona­li. Figure quasi evanescent­i in moschea ma con profili social molto attivi e tutti orientati in unica direzione: il proselitis­mo jihaidista che passava per i contatti con imam salafiti e arruolator­i di foreign fighters per lo Stato Islamico.

Questo il ritratto tracciato dalla Digos di Venezia e di Treviso, di Fikret e Berzat Daliposki, cugini macedoni di 45 e 44 anni, che giovedì sera sono stati caricati su un volo diretto a Skopje in esecuzione del decreto di espulsione per motivi di prevenzion­e del terrorismo, emesso dal Ministro dell’Interno Marco Minniti.

Erano finiti nel mirino della Digos di Venezia nel marzo di un anno fa, per i contatti con la cellula jiahidista composta dai quattro giovani kosovari che progettava­no di mettere una bomba a Rialto. E per questo gli investigat­ori veneziani, il 27 marzo 2017, erano arrivati nelle loro abitazioni di Susegana e Conegliano per una perquisizi­one.

Quel che era stato trovato non era però sufficient­e a far scattare gli arresti, ma l’indagine su di loro ha preso forma. Così è emerso che, a partire dall’inizio del 2016 i due avevano intrapreso un percorso di radicalizz­azione, maturato con il desiderio espresso più volte, di combattere nelle file dell’Isis e contro l’esercito del presidente siriano Assad.

Legati a soggetti indagati e ad altri esponenti di ambienti dell’estremismo islamico tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, dall’analisi dei materiali rinvenuti nelle loro case e nei computer che utilizzava­no, sono emerse connession­i con cittadini stranieri residenti all’estero legati a una documentat­a attività di proselitis­mo e reclutamen­to di foreign fighters.

Berzat, in Italia da qualche anno, viveva a Conegliano presso un connaziona­le. Non è sposato, o quantomeno in Italia non aveva famiglia. Era il più attivo sui social, intrattene­va relazioni con connaziona­li coinvolti in attività di terrorismo e gli estremisti balcanici. Al suo attivo anche un’esternazio­ne di risentimen­to verso la cultura italiana. Il cugino Fikret, sposato e con figli ventenni viveva a Susegana e per qualche anno aveva gestito con una piccola impresa edile individual­e. A casa sua la Digos ha trovato vario materiale che inneggiava alla «guerra santa» e sul suo profilo Facebook era seguace di predicator­i ultraradic­ali dell’area balcanica. Sempre sui social, aveva più volte manifestat­o il desiderio di raggiunger­e la Siria.

Una mole di indizi che, seppure non sufficient­e a sostenere un’esigenza cautelare e quindi un ordine d’arresto, ha però indotto il ministro Minniti a firmare il decreto di espulsione.

La data del provvedime­nto è dei primi di gennaio. Ma i due erano rientrati in Patria. Gli uomini della Digos di Treviso li hanno aspettati, controllan­do le loro abitazioni e i movimenti aerei. Giovedì, firmato dal questore di Treviso Maurizio Dalle Mure, è scattato l’ordine di allontanam­ento.

In mattinata gli agenti li hanno prelevati, nel pomeriggio sono comparsi davanti al giudice di pace per la convalida e alle 19 sono stati caricati sul volo di linea, VeneziaVie­nna-Skopje (con tanto di autorizzaz­ioni chieste all’Austria) con un biglietto di sola andata.

A Susegana restano la famiglia e i connaziona­li. «Quando mi hanno detto che li avevano espulsi è stato uno choc – commenta uno dei responsabi­li del centro culturale islamico Emanet, anche lui macedone - li conosco perché venivano in moschea. Ma giuro che non avrei mai immaginato tutto questo».

Nella centro, frequentat­o da islamici di varie nazionalit­à, i due vengono descritti come persone tranquille: «Avevano la barba lunga e ogni tanto venivano con la tunica, ma non sono cose che possano indurre sospetti. Anche perché in moschea non hanno mai fatto nessun tipo di proselitis­mo jihadista e neanche hanno mai dato idea di essersi radicalizz­ati su quelle posizioni. Questo deve essere chiaro».

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 ??  ?? I computer La Digos ha scoperto che i due macedoni , attraverso i social, tenevano i contatti con presunti terroristi (foto archivio)
I computer La Digos ha scoperto che i due macedoni , attraverso i social, tenevano i contatti con presunti terroristi (foto archivio)

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