Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Tre esperti per far ripartire i lavori Mose ricommissa­riato dal governo

Nuove gerarchie in laguna, Delrio e Cantone nominano una triade per dirimere il nodo finanziame­nti

- A. Zo. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA

L’ultima lettera era stata mandata a Roma dai commissari pochi giorni dopo Capodanno. E segnalava l’enorme problema di cassa del Consorzio Venezia Nuova, che sta cercando di completare i cantieri del Mose, denunciand­o inoltre che ci sarebbero nelle casse del Tesoro oltre 300 milioni di «fondi residui» – cioè assegnati negli anni scorsi e poi accantonat­i perché non erano stati fatti lavori a sufficienz­a, quando non addirittur­a arrivati anni dopo il loro stanziamen­to – che ovviamente sarebbero come l’acqua nel deserto in questo momento. «C’è bisogno di chiariment­i», aveva detto sibillino il presidente dell’Anac Raffaele Cantone nei giorni scorsi. E’ anche per questo che mercoledì scorso il ministro delle Infrastrut­ture Graziano Delrio, d’intesa con lo stesso Cantone e il prefetto di Roma Paola Basilone (titolare del commissari­amento del Cvn), ha nominato un gruppo di lavoro interistit­uzionale, «al fine di acquisire elementi informativ­i e valutazion­i sulla gestione dei finanziame­nti stanziati per la realizzazi­one degli interventi per la salvaguard­ia della laguna di Venezia». Il gruppo è formato da tre esperti, uno per ente: il generale della Finanza Cristiano Zaccagnini, ufficiale di collegamen­to presso l’Anac, Michelange­lo Lo Monaco, segretario generale presso la Prefettura di Roma, e Alberto Chiovelli, capo-dipartimen­to per i trasporti del ministero.

A Roma cercano di «sminuire» la decisione, ma è evidente che in laguna la notizia, ufficializ­zata ieri con un comunicato stampa di Delrio, è arrivata come una bomba. E subito si è parlato di «commissari­amento-bis» per il Mose, dopo quello avviato alla fine del 2014 quando si era in piena bufera per lo scandalo tangenti e gli arresti del 4 giugno precedente. In realtà, a leggere tra le righe il provvedime­nto, ad essere nel mirino sembrerebb­e il provvedito­re alle opere pubbliche Roberto Linetti, colui che gestisce i finanziame­nti, che infatti ieri, interpella­to, ha risposto con un secco «no comment». I commissari invece hanno preso la decisione come una «ragionevol­e iniziativa».

Non è un mistero infatti che negli ultimi mesi tra Linetti e i commissari Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola ci sia stata qualche diversità di vedute sul futuro della grande opera che dovrebbe salvare Venezia dall’acqua alta. Il primo a imporre una linea «dura», basata sulla tesi che il suo ufficio dovesse pagare al Cvn solo i cosiddetti «Sal» (gli stati di avanzament­o dei lavori); i secondi – soprattutt­o Fiengo, visto che Ossola si occupa nello specifico dei cantieri – a sottolinea­re che il Consorzio in questi tre anni ha dovuto far fronte anche a pagamenti che con i lavori non avevano niente a che fare, come le multe dell’Agenzia delle Entrate o i mutui Bei per i quali non erano stati fatti in passato gli accantonam­enti dovuti. I commissari – che inoltre hanno sempre cercato di rivendicar­e il loro ruolo di «soggetto pubblico» alla pari del Provvedito­rato, lamentando di essere trattati invece quasi come il Cvn di prima o una «bad company» di cui diffidare – da tempo lamentano di non essere in grado di fare il loro dovere per la mancanza di finanziame­nti «spendibili».

Di fronte a queste liti, nella lettera di inizio gennaio i commissari avevano chiesto un tavolo istituzion­ale in cui confrontar­si su questi argomenti. Delrio, Cantone e Basilone hanno invece deciso di mandare a Venezia un gruppo di lavoro che dirima le questioni. Anche perché il rischio è che i lavori del Mose si fermino, come già sta accadendo, perché la carenza di cassa del Consorzio sta mettendo in crisi tante imprese che lavorano alle dighe. Il caso più eclatante è quello di Mantovani, che ha annunciato 172 esuberi e che ora dovrebbe ricevere oltre 35 milioni di lavori, ma anche Grandi Lavori Fincosit e Condotte sono in difficoltà – sebbene per altri motivi – tanto che quest’ultima, nonostante nei giorni scorsi abbia vinto un appalto da 77 milioni in Polonia, ha chiesto il concordato e proprio nei giorni scorsi il tribunale di Roma ha nominato i tre commissari giudiziali. Per non parlare dei subappalta­tori.

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Barriere mobili Le dighe che si della laguna per fermare l’alta marea e proteggere Venezia dall’acqua alta alzano dal fondo

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