Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il presidente del Mestre scende in campo con Meloni Lega, saltano i primi nomi

Nel Carroccio stop a Bizzotto, Busin, Tollon e Falconi. Fi, liste ok

- Ma. Bo. M. Za.

«Non ho niente». La VENEZIA risposta lapidaria di Gianantoni­o Da Re, segretario nathional della Lega a ieri sera ancora in attesa di un qualche responso da via Bellerio, la dice lunga sul clima che ha accompagna­to in questi giorni la stesura delle liste nel partito di Salvini. La base accusa i colonnelli di aver fatto tutto da soli; i colonnelli accusano Da Re (e il presidente della Liga, Massimo Bitonci) di aver deciso nomi e collegi in gran segreto; Bitonci va ripetendo che «in questa fase parla solo Da Re»; e Da Re, per l’appunto, sostiene di non saperne niente. «Decide Salvini». Una cosa è certa: al momento dell’ufficializ­zazione delle liste, ci sarà la ressa per scoprire chi si accaparrer­à i fatidici 16 collegi uninominal­i assegnati qui al Carroccio dall’accordo nazionale del centrodest­ra.

Nell’attesa, però, qualcosa trapela. Ad esempio l’eccezione alla regola, imposta da Da Re (raccontano per «blindarsi» in consiglio nazionale), per cui sarebbero stati candidati «tutti i segretari provincial­i». Pare che invece non sarà così: quello di Rovigo, Stefano Falconi, e quello del Veneto Orientale, Luca Tollon, non dovrebbero essere della partita. E sembra che non ce la farà neppure l’eurodeputa­ta Mara Bizzotto, che dopo due mandati a Bruxelles con Salvini avrebbe gradito il ritorno in Italia, e questa rischia di essere una grana per la Lega vicentina perché Bizzotto, eletta nel 2014 con 45 mila preferenze (seconda solo a Salvini e Tosi), controlla un cospicuo bottino di voti, specie a Bassano e dintorni. Altra «eccezione alla regola», stavolta quella della ricandidat­ura degli uscenti rimasti fedeli alla Lega dopo la diaspora tosiana, è Filippo Busin, deputato vicentino che, raccontano, avrebbe deciso

sua sponte di chiudere qui l’esperienza parlamenta­re. Infine, nonostante la Lega si appresti a fare incetta di seggi, pare che Salvini non intenda catapultar­e qui alcun candidato, come invece accadrà in Lombardia e Piemonte.

Giochi sostanzial­mente chiusi in Forza Italia che grazie all’accordo nazionale può contare su 9 posti blindati nell’uninominal­e: 3 al Senato (Ghedini, Casellati e Toffanin) e 6 alla Camera (Brunetta, Cortelazzo, Zanettin, Bendinelli, Milanato, Baratto). Qui la particolar­ità, che sta facendo parecchio mugugnare la base, è che tutti i frontman dell’uninominal­e saranno candidati come capilista pure nel proporzion­ale, soluzione che da un lato fa fibrillare i secondi (e i terzi e i quarti) in lista, dall’altro rischia di scompagina­re (falsare?) l’alternanza di genere. In ogni caso, dovrebbero farcela a salire sul treno per Roma gli imprendito­ri Fabio Franceschi di Padova e Massimo Ferro di Verona, gli uscenti Marin, Caon (ex Lega), Causin (ex Pd e Scelta Civica), e l’ex consiglier­e regionale Bond.

Se Berlusconi, con l’unica eccezione di Franceschi, punta su «soliti noti», uscenti e dirigenti di partito, Fratelli

d’Italia, che ha già deciso di candidare nei 2 collegi uninominal­i riservatig­li dall’accordo nazionale l’uscente Bertacco e la leader dei cacciatori Caretta, piazza invece nel proporzion­ale della Camera, a Venezia, un volto nuovo. Si tratta di Stefano Serena, presidente del Mestre Calcio: «Poche ore, poi ho deciso, perché sono fatto così, un decisionis­ta. Mi candido». Una discesa in campo che ha in Raffaele Speranzon il suo regista, entusiasta a tal punto da farsi da parte e cedere il suo posto in cima alla lista: «Serena ci ha messo del suo - ricorda - e intendo svariate centinaia di migliaia di euro per rendere nuovamente agibile lo stadio Baracca a Mestre. Un bene pubblico restituito alla città. Un altro episodio che lo racconta? La cena offerta sommessame­nte a un centinaio di clochard in città. Ecco, questo è un uomo che dà». Lui, il neocandida­to, taglia corto: «Speranzon mi ha fatto questa proposta davvero inaspettat­a e ho deciso di accettare, sapendo che devo render conto al popolo. E se sarò eletto dovrò rivedere la mia agenda profession­ale». Lascerà al suo destino la squadra cittadina della terraferma veneziana? «Assolutame­nte no – sorride – però qua e là dovrò sfoltire gli impegni». Sempre nel partito di Giorgia Meloni continua poi a circolare il nome del «padovano d’adozione» Adolfo Urso. Certo se approdasse nuovamente in Veneto diventereb­be complicata la coabitazio­ne col leader locale, Sergio Berlato, anche per via dell’alternanza di genere.

Poco da dire, infine, sulla «quarta gamba» di Noi con

l’Italia: avrà un seggio blindato all’uninominal­e e andrà all’Udc Antonio De Poli. L’ex sindaco di Verona Flavio Tosi correrà come capolista nel proporzion­ale nella sua città mentre l’ex viceminist­ro dell’Economia Enrico Zanetti, se accetterà, sarà candidato lontano dal Veneto, come Domenico Menorello di Energie per l’Italia, il movimento di Parisi.

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In Stefano campo Serena, presidente del Mestre Calcio, ha ufficializ­zato ieri la sua candidatur­a all’uninominal­e con Fratelli d’Italia, partito di Giorgia Meloni

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