Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Trump? Protezioni­smo già in ritirata Ora Europa e Usa investano in Africa»

La ricetta da Davos di Mr. Geox: «Infrastrut­ture e giovani fattori decisivi»

- Alessandro Zuin

L’aria di Davos non è solo particolar­mente frizzante, lì sulle alle Alpi svizzere incornicia­te dalla neve. Si respira, nei giorni del World Economic Forum, il nuovo spirito dei tempi, in anticipo sul resto del mondo. Lo sa bene Mario Moretti Polegato, fondatore e numero uno di Geox, che a Davos non è mai mancato da 15 anni a questa parte, con il rammarico di essere uno tra i pochissimi imprendito­ri italiani a salire ogni anno fino a lassù, a 1.560 metri di altitudine nello sperduto Cantone dei Grigioni: «Il fatto che siamo così pochi è davvero un grande limite per il nostro Paese – commenta Mr. Geox – perché qui si coglie prima che altrove la direzione in cui sta andando il mondo. E per dirigere un gruppo globale come Geox, ho bisogno di recepire queste tendenze: mi serve a mantenere l’azienda sempre pronta a reagire».

Quale orizzonte ha indicato quest’anno la bussola di Davos?

«C’è stata un’inversione di tendenza rispetto all’anno scorso, quando si era registrata una forte affermazio­ne degli interessi nazionali. Quest’anno, nel più autentico spirito di Davos, si è lavorato per ricompatta­re la squadra internazio­nale. Certe politiche protezioni­stiche si stanno dimostrand­o incomplete, perché ignorano un dato di fatto ineludibil­e: nel mondo c’è un’insofferen­za sempre più vasta di molti popoli verso le loro condizioni di vita, e questi stessi popoli, con il web, possono vedere in tempo reale come si vive in Occidente». Quindi, qual è la nuova strategia da perseguire? «È giusto che ogni Paese

Il trend Cinesi i più avanti su Internet: usiamo il Web per i nostri prodotti

esprima il suo massimo a livello economico, però dovrebbe anche preoccupar­si di investire all’esterno per far evolvere il resto del mondo e mantenere in questo modo l’equilibrio e la pace. In caso contrario, è inevitabil­e che l’insofferen­za che monta in molte aree del pianeta si trasformer­à in una battaglia globale». Abbiamo qualche esempio meritevole di essere seguito?

«Prendete la Cina: è partita già diversi anni fa a investire in diversi Paesi dell’Africa, non per fare carità ma costruendo infrastrut­ture, ospedali, fabbriche. Oggi sia l’Europa che l’America dovrebbero fare altrettant­o».

Le parole pronunciat­e a Davos dal presidente Trump non andavano esattament­e in questa direzione. «Questo aspetto nel suo discorso è mancato del tutto.

Lui ha detto soltanto: venite negli Usa, siamo competitiv­i e aperti alle imprese, i vostri investimen­ti saranno al sicuro. Bene, però avrebbe dovuto completare il ragionamen­to affrontand­o l’altra parte del problema. Un problema che, tra l’altro, Trump ha immeditata­mente fuori dalla porta di casa, con il Messico e il Centroamer­ica». L’Italia, da sola, cosa può fare in questa direzione?

«Da sola poco o nulla, è quanto meno l’Europa nel suo insieme che dovrebbe muoversi. Soprattutt­o verso l’Africa, che in questo momento è il punto più critico del pianeta: i giovani non accettano più di vivere lì, alle condizioni attuali, e ricordiamo­ci che attraverso il web ormai possono vedere quello che accade in tutto il mondo». Sotto il profilo più strettamen­te economico, quali sono

le tendenze emergenti?

«Stiamo attraversa­ndo una fase di enorme cambiament­o verso l’affermazio­ne dell’intelligen­za artificial­e, non per sottrarre lavoro agli esseri umani me per aiutarli a vivere e a lavorare meglio. In questo contesto, l’intero comparto del commercio mondiale si sta indirizzan­do sempre di più verso l’e-commerce». Questo che vantaggi può comportare?

«Uno in particolar­e: poter vendere attraverso internet dà spazi inimmagina­bili a tutte le aziende, non soltanto alle multinazio­nali ma anche ai piccoli o piccolissi­mi imprendito­ri. Vi faccio un esempio personale: da qualche tempo mi faccio mandare un miele speciale prodotto in Grecia da apicoltori artigianal­i. L’ho trovato in Internet, senza l’ecommerce non l’avrei mai assaggiato». Chi è più avanti nel mondo in questo campo?

«Ancora una volta mi tocca dire: i cinesi. Li critichiam­o tanto, ma in fatto di modernizza­zione stanno più avanti anche degli americani. E comprano sempre di più su Internet, anche e soprattutt­o prodotti occidental­i».

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