Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Nella Lega snobbati gli uomini di Zaia Donazzan contro FI: «Donne abusate»

Fratelli d’Italia porta la Santanché in Veneto e candida la vedova di un imprendito­re suicida

- di centrodest­ra Marco Bonet © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Ora, sarà pur vero (come è solito ripetere lui stesso fino allo sfinimento) che Luca Zaia non si occupa di politica, che è tutto concentrat­o sull’amministra­zione, che evita di invischiar­si nei meccanismi perversi dei partiti. E però sorprende comunque, nel leggere i 44 nomi messi in fila dalla Lega per la corsa al parlamento, non trovarne neppure uno riconducib­ile al governator­e. Che è di sicuro l’uomo di punta del Carroccio in Veneto; che pesa qui più o meno un milione di voti; che negli ultimi anni è andato consolidan­do attorno a sé una squadra, gli «Zaia boys», finanche ufficializ­zata con una lista alle Regionali (e a Palazzo Ferro Fini ci sono consiglier­i che tengono a puntualizz­are: «Io sono lista Zaia prima e Lega poi»). Girano i nomi di sindaci ed ex sindaci come Roberto Bet, Gianangelo Bof, Alessandro Bonet, Domenico Presti, tutti trevigiani. «Gli uomini di Zaia sono già in Regione, non occorreva portarli pure a Roma» spiegano lapidari dalla segreteria nathional, con ciò confermand­o, però, il gelo testimonia­to anche dal distacco con cui il governator­e sta seguendo la campagna elettorale ( c’è chi si chiede, ad esempio, perché Zaia non si sia candidato in qualche collegio, tirando la volata al partito per poi sfilarsi al traguardo).

Tant’è, di sicuro c’è che il segretario nathional Gianantoni­o Da Re avrà il suo bel daffare nei prossimi mesi a calmare gli animi,in una situazione perfino paradossal­e visti i tanti posti a disposizio­ne (la Lega conta di eleggere qui una quarantina tra deputati e senatori). C’è chi parla di «macello», chi di «scelte di piccolo cabotaggio fatte in gran segreto», chi fa notare come «siano state premiate la Treviso di Da Re, la Padova di Bitonci e la Verona di Fontana, mentre per tutti gli altri sono rimaste le briciole», a cominciare da Vicenza. Da Re, che con le sue scelte sembra aver voluto privilegia­re gli amministra­tori dei piccoli Comuni, oltre ai segretari provincial­i (le cui sezioni, però, ora dovranno essere commissari­ate), non sembra preoccupat­o dalla situazione esplosiva: «I nomi sono stati decisi dopo aver ascoltato i segretari e Salvini e penso che nessuno possa dire che agisco per il mio tornaconto, visto che nemmeno sono candidato. È vero, invece, che molte persone, brave, sono state sacrificat­e, ma abbiamo dovuto presentare 9 donne in 16 collegi e questo ha complicato un po’ le cose».

Proprio il tema delle donne è al centro di un durissimo scontro all’interno di Forza Italia, dove pure non mancano le arrabbiatu­re (e hanno preso a circolare voci incredibil­i, come quella secondo cui l’imprendito­re di Grafica Veneta Fabio Franceschi, candidato in un seggio blindato al proporzion­ale, finanziere­bbe con 600 mila euro la campagna elettorale). «Nel silenzio più totale, anche nel mio partito le donne sono state ed anzi,

al solo scopo di far scattare un uomo in più nei listini ha detto l’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan, ieri ad Albignaseg­o per un convegno sulle donne in politica - uno scandalo che si aggiunge a quello delle liste precompila­te e slegate dal territorio. Ora, visto che ci sono i collegi, invito gli elettori a ricordarsi, un domani, di quanto gli eletti avranno fatto per il loro territorio». Pare che il coordinato­re di Venezia Michele Celeghin sia furibondo (difficile dargli torto: nella sua provincia dominano i padovani, da Milanato a Furlan dell’Esercito di Silvio) mentre su Facebook conquista seguito crescente lo storico «dissidente con dignità» Alessio Zanon, che inveisce contro i «dinosauri della politica» e i dirigenti tutti concentrat­i sulla loro autoconser­vazione. Per non dire degli ex An che, epurati dalle liste (con le sole eccezioni di Gasparri e Mugnai, che tiene i cordoni della Fondazione del fu partito), si ritroveran­no tra qualche giorno per decidere il da farsi (e chissà se tra loro ci sarà pure Alberto Giorgetti).

Confermata la presenza di Adolfo Urso al secondo posto nel proporzion­ale al Senato di Padova-Vicenza-Verona, in Fratelli d’Italia la sorpresa è la candidatur­a, davanti a lui, di Daniela Santanché e quella di Laura Schiavo, vedova dell’imprendito­re padovano Dario Casotto, suicida nel 2014 per via di un debito da 44 mila euro con le banche, nel collegio uninominal­e di Ancona. Infine, in «Noi con l’Italia» l’ex viceminist­ro Enrico Zanetti, dopo aver rifiutato un collegio uninominal­e lontano dal Veneto e aver appreso di non essere candidato manco nel proporzion­ale nella sua Venezia, dovrebbe ritrovarsi in un listino in Lombardia.

Quarta gamba Zanetti candidato (a sua insaputa) in Lombardia e non in Veneto

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