Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LE PENSIONI DEI NOSTRI RAGAZZI

- di Gigi Copiello

Pare sia il primo. E anche l’unico. E’ il primo che, assieme alla pensione dell’Inps, riceve una integrazio­ne dal fondo pensionist­ico. E’ un veneto e il Fondo è Solidariet­à Veneto. Ad ora, i dipendenti che vanno in pensione lasciano i soldi come risparmi nei fondi. Oppure se li fanno liquidare. Così fan tutti, e pure io come tutti. Uno solo, al momento, ha integrato la sua pensione. Questo è un fatto e vorrà pur dire qualcosa. Magari che le pensioni di chi lascia il lavoro non sono poi così male e che i soldi dei fondi servono ad altro. Non che manchino le preoccupaz­ioni, sia chiaro. La salute, ovviamente. E le chiacchier­e, che spesso rovinano la salute. Ogni volta infatti che qualcuno parla di riforma delle pensioni, viene in mente che dal 1994 in poi si son fatte 6 riforme delle pensioni, «una peggio dell’altra». Bisogna proprio fare la settima? Meglio è occuparsi di come far marciare l’azienda che paga le pensioni: l’azienda Italia, padrona dell’Inps. Se non va, qualche conto lo pagheremo anche noi. Siamo più interessat­i, voglio dire, a come vanno le cose per chi lavora e produce. Per chi è occupato. E per chi lo sarà. E qui saltano fuori i nostri figli e nipoti. «Sono il nostro futuro», si dice ancora come una volta. E molto spesso tocca a noi dare una mano a loro, al nostro e loro futuro. Mica per tirarsi indietro, sia chiaro: si fa, e anche volentieri. Ma è questo il modo che loro hanno per costruirsi il loro futuro?

Prendiamo un caso e facciamo un esempio. Tutti diciamo che abbiamo pochi laureati in Italia. Spesso, si aggiunge, anche sbagliati. Ma se soldi e carriere per gli indirizzi più giusti fossero quelli che si vedono all’estero, molti non andrebbero via e tanti prenderebb­ero l’indirizzo giusto. Per tornare al tema di oggi, questi ragazzi fanno 5 anni all’università, entrano 5 anni dopo sul mercato del lavoro e avranno 5 anni di contributi in meno quando sarà ora di pensione. Magari, beati loro, oggi non ci pensano. O forse ci pensano, ma sentono che tutti parlano solo delle nostre pensioni, mai delle loro. Non si potrebbe allora aprire un discorso, perché quel periodo non sia proprio buttato? Mi viene in mente che quando in gioventù ho «servito la patria» (nessuno sorrida: così si diceva) quel periodo è stato utile per la pensione: 15 mesi di naja, 15 mesi di contributi. Come «servire la patria» oggi? Tutti i «patrioti» di oggi dicono: «Ragazzi studiate, prendete un diploma e meglio una laurea». Non si potrebbe mettere anche qualche quattrino, perché quei 5 anni fossero utili alla loro pensione? Altri soldi, per le pensioni? No, per l’amor di dio: la spesa è già la più alta d’Europa. Ma per dare una mano ai nostri nipoti, al «nostro» futuro; noi pensionati possiamo anche «restringer­ci» un po’. Specie i tanti di noi che, in pensione, non ci stanno poi così male.

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