Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
LE ELEZIONI NELLA SOCIETÀ 4.0
Niente corsi in inglese, niente musei diretti da stranieri. L’Italia che si allontana dalla «società 4.0». C’è un sottile, disarmante, filo conduttore che lega le recenti sentenze del Consiglio di Stato che proibiscono i corsi di laurea universitari tenuti solo in inglese o che rimettono in questione l’affidamento a direttori stranieri di musei statali italiani alle pulsioni sovraniste che disconoscono la dimensione oggi necessariamente europea di molte politiche. Le sentenze del Consiglio di Stato non sono figlie di un sovranismo scientemente perseguito, ma di un sovranismo di fatto; figlio della riluttanza di Governo e Parlamento ad accettare l’idea che la sovranità popolare oggi si difende rottamando parte di quella nazionale –modificando le norme conseguenti: siano quelle sulla lingua di insegnamento come quelle sulla nazionalità dei direttori di museo-- per costruire quella nuova, europea, la sola capace di difendere i nostri valori e i nostri interessi e adatta a farci vivere da protagonisti gli «spazi d’azione cosmopolitizzati» propri oggi dei fenomeni economici, ambientali, sociali e culturali più rilevanti: “bambini” dal grande avvenire la cui eventuale “acqua sporca” non si elimina certo tentando inutilmente di rinchiuderli entro i confini e le istituzioni nazionali. Un filo conduttore che nemmeno i programmi elettorali da poco depositati rompono o anche solo promettono di rompere.
La carenza di visione, di strategia, è sconfortante. Pur con la netta distinzione tra la dichiarata scelta europeista del PD e dei suoi alleati, +Europa su tutti ovviamente, quella solo ammiccata di Forza Italia, e le variegate miopi contrarietà del Movimento 5 Stelle e della Lega. Chiunque osservi quello che sta succedendo nel mondo non può non vedere che robotica, intelligenza artificiale, big data , sharing economy e le «aziende piattaforma» (Amazon, Apple, Facebook, Uber, Airbnb) non stanno guidando solo la rottamazione verso l’«industria 4.0», ma il sempre più evidente passaggio epocale verso la «società 4.0», la società della connessione totale, dove si affacciano nuovi protagonisti, oggi asiatici e domani africani, dove la speranza di vita si allunga per tutti, dove il lavoro, anche quando c’è, non è più capace di garantire una distribuzione del reddito accettabile, dove le scuole e gli ospedali devono divenire intelligenti, etc. Ma chi comprende tutto ciò non può non rimanere deluso da programmi elettorali tutti giocati sui dettagli di singoli, tanti o pochi, provvedimenti, mirabolanti o ragionevoli, che fanno immaginare «manutenzioni» della società di ieri, ma non le «innovazioni» oggi necessarie per tenere il passo con il mondo. Un’Italia che non parla inglese, che si crogiola in termini autoreferenziali nel suo passato glorioso è una Italia che crede di poter ordinare «fermate il mondo, voglio scendere»! – alla Calindri, per quelli con qualche capello bianco come me che ricordano il mitico Carosello -; un’Italia che sogna di poter sopravvivere in una sorta di autarchia riservata ad una popolazione autoctona in continua diminuzione. Una prospettiva che non può soddisfare coloro, molti dei veneti tra questi, che hanno accettato e stanno vincendo le sfide della globalizzazione e dell’innovazione tecnologica e che avrebbero bisogno di istituzioni e poteri pubblici attrezzati a comprenderne le necessità e a sostenerne gli impegni.