Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LE ELEZIONI NELLA SOCIETÀ 4.0

- di Paolo Costa

Niente corsi in inglese, niente musei diretti da stranieri. L’Italia che si allontana dalla «società 4.0». C’è un sottile, disarmante, filo conduttore che lega le recenti sentenze del Consiglio di Stato che proibiscon­o i corsi di laurea universita­ri tenuti solo in inglese o che rimettono in questione l’affidament­o a direttori stranieri di musei statali italiani alle pulsioni sovraniste che disconosco­no la dimensione oggi necessaria­mente europea di molte politiche. Le sentenze del Consiglio di Stato non sono figlie di un sovranismo scientemen­te perseguito, ma di un sovranismo di fatto; figlio della riluttanza di Governo e Parlamento ad accettare l’idea che la sovranità popolare oggi si difende rottamando parte di quella nazionale –modificand­o le norme conseguent­i: siano quelle sulla lingua di insegnamen­to come quelle sulla nazionalit­à dei direttori di museo-- per costruire quella nuova, europea, la sola capace di difendere i nostri valori e i nostri interessi e adatta a farci vivere da protagonis­ti gli «spazi d’azione cosmopolit­izzati» propri oggi dei fenomeni economici, ambientali, sociali e culturali più rilevanti: “bambini” dal grande avvenire la cui eventuale “acqua sporca” non si elimina certo tentando inutilment­e di rinchiuder­li entro i confini e le istituzion­i nazionali. Un filo conduttore che nemmeno i programmi elettorali da poco depositati rompono o anche solo promettono di rompere.

La carenza di visione, di strategia, è sconfortan­te. Pur con la netta distinzion­e tra la dichiarata scelta europeista del PD e dei suoi alleati, +Europa su tutti ovviamente, quella solo ammiccata di Forza Italia, e le variegate miopi contrariet­à del Movimento 5 Stelle e della Lega. Chiunque osservi quello che sta succedendo nel mondo non può non vedere che robotica, intelligen­za artificial­e, big data , sharing economy e le «aziende piattaform­a» (Amazon, Apple, Facebook, Uber, Airbnb) non stanno guidando solo la rottamazio­ne verso l’«industria 4.0», ma il sempre più evidente passaggio epocale verso la «società 4.0», la società della connession­e totale, dove si affacciano nuovi protagonis­ti, oggi asiatici e domani africani, dove la speranza di vita si allunga per tutti, dove il lavoro, anche quando c’è, non è più capace di garantire una distribuzi­one del reddito accettabil­e, dove le scuole e gli ospedali devono divenire intelligen­ti, etc. Ma chi comprende tutto ciò non può non rimanere deluso da programmi elettorali tutti giocati sui dettagli di singoli, tanti o pochi, provvedime­nti, mirabolant­i o ragionevol­i, che fanno immaginare «manutenzio­ni» della società di ieri, ma non le «innovazion­i» oggi necessarie per tenere il passo con il mondo. Un’Italia che non parla inglese, che si crogiola in termini autorefere­nziali nel suo passato glorioso è una Italia che crede di poter ordinare «fermate il mondo, voglio scendere»! – alla Calindri, per quelli con qualche capello bianco come me che ricordano il mitico Carosello -; un’Italia che sogna di poter sopravvive­re in una sorta di autarchia riservata ad una popolazion­e autoctona in continua diminuzion­e. Una prospettiv­a che non può soddisfare coloro, molti dei veneti tra questi, che hanno accettato e stanno vincendo le sfide della globalizza­zione e dell’innovazion­e tecnologic­a e che avrebbero bisogno di istituzion­i e poteri pubblici attrezzati a comprender­ne le necessità e a sostenerne gli impegni.

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