Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Se ora i vaccini entrano nell’urna Partiti divisi
Facile dire vaccini. Per dire: dieci anni fa nemmeno ci avremmo creduto che sarebbero finiti al centro della campagna elettorale. Ma oggi sulla loro obbligatorietà è caos. Partiti e coalizioni infatti sono divisi. Qui una guida.
Ivaccini tema di campagna elettorale: ce l’avessero detto anche solo dieci anni fa non ci avremmo creduto. I vac-ci-ni, capite? Arrivati a questo punto, tuttavia, occorre fare chiarezza. Cosa accadrà il 5 marzo, l’indomani delle elezioni? E come cambieranno — se cambieranno — le regole sull’obbligatorietà? Per capirlo potrebbe essere opportuno riassumere le varie posizioni in campo. Partiamo dalle cose facili, cioè dallo status quo: se dovesse riaffermarsi l’attuale partito di governo, il Pd, i vaccini obbligatori rimarrebbero dieci e, senza libretto vaccinale in ordine tra i zero e i sei anni, non si entrerebbe a scuola. A scanso di equivoci, la linea è stata ribadita qualche giorno fa dall’attuale ministro della Salute, Beatrice Lorenzin che, rispondendo alla sindaca Cinque stelle di Roma Virginia Raggi che voleva prorogare i termini per la regolarizzazione, ha risposto che la posizione della sindaca «è in palese violazione della legislazione vigente». Punto e stop. Ma già se facciamo un passo a sinistra le cose si complicano. La posizione di Liberi e Uguali, per dire, non è poi così cristallina: il leader del partito, Piero Grasso, solo qualche giorno fa su Rai Tre, ha sì detto che non pensa di cambiare il decreto Lorenzin; ma poi, sollecitato dal conduttore, un po’ a sorpresa ha elogiato proprio il Veneto «perché ha ottenuto gli stessi risultati dell’obbligatorietà con la sola informazione (che, come sappiamo, era stata sospesa nel 2007). Per altro anche Articolo 1 Mdp, il principale gruppo politico all’interno di Liberi e Uguali, all’inizio era sembrato contrario a un aumento dell’obbligatorietà. Così il deputato veneziano Davide Zoggia: «Il decreto sui vaccini è stato inutilmente politicizzato, serviva un dibattito culturale più ampio». Poi però l’ha votato. Pochi dubbi ce li hanno invece i Cinque Stelle. Il leader del Movimento Luigi Di Maio ha già chiarito la sua posizione in più circostanze: «Crediamo ai vaccini, ma aboliremo il decreto Lorenzin». Il problema è che nel Movimento c’è anche chi non crede nemmeno ai vaccini. Per dire, la candidata bassanese Sara Cunial qualche tempo fa sulla sua pagina Facebook aveva definito la copertura vaccinale antiinfluenzale per tutti i bambini «un genocidio gratuito» (senza parlare — come ha denunciato il professor Roberto Burioni — dei post dove difendeva i medici antivaccinisti radiati; poi cancellati, ndr). Ma è sul fronte del centrodestra che il quadro si complica. E assai. Sull’obbligo vaccinale, infatti, la Lega è nettamente contraria. Lo scorso 10 gennaio il segretario Matteo Salvini lo ha messo nero su bianco: «Cancelleremo norme Lorenzin. Vaccini sí, obbligo no». E sulla stessa linea è il governatore del Veneto, Luca Zaia, che contro l’obbligo aveva pure fatto ricorso alla Consulta. Forza Italia, invece, è favorevole. Silvio Berlusconi ha parlato dell’obbligo come di «una misura di civiltà, voluta dalla comunità scientifica e nel primario interesse dei minori». E lo stesso ha poi ribadito Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia e ras veneto del partito. Infine, sempre restando all’interno della stessa coalizione, anche Noi con l’Italia e Fratelli d’Italia sono per l’obbligatorietà (anche se il partito della Meloni, sul decreto Lorenzin, in aula si era all’epoca astenuto).