Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Venete in Intesa, aziende bloccate dal cambio informatico: inaccettabile»
Allarme di Confindustria Vicenza a due mesi dalla migrazione: «Problemi pesanti»
I disagi operativi conseguenti al passaggio dei sistemi dalle ex banche popolari a Intesa Sanpaolo? «Del tutto fisiologici», aveva detto due giorni fa l’amministratore delegato, Carlo Messina, presentando il nuovo piano industriale a Milano. Dunque «nessun contraccolpo reputazionale», tutto a posto. Nemmeno per idea, ha ribattuto però ieri il presidente di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi, in una lettera con caratteristiche di urgenza indirizzata allo stesso Messina.
Le nostre imprese vivono «situazioni in taluni casi drammatiche - scrive Vescovi - dovute all’inefficace passaggio delle posizioni creditizie prima nelle ex banche venete. Mi aspettavo che la migrazione, sicuramente complessa e delicata, andasse a positiva conclusione in tempi più rapidi». Dunque, se in gioco c’è la reputazione di Intesa nei confronti della clientela, la smentita che arriva da Vicenza ventiquattr’ore dopo le esternazioni del top manager è più che tagliente. L’elenco di criticità che Vescovi elenca, ed al quale il gruppo ha preferito per ora non replicare, è sostanzioso. «Troppe solo le aziende che, volendo darvi fiducia nel travagliato passaggio – insiste il leader confindustriale berico – si ritrovano oggi con mancate esecuzioni di pagamenti e bonifici, blocco di linee di fido per anticipi salvo buon fine derivanti dalle posizioni nelle ex popolari e, addirittura, con una sorta di ultima beffa, anche con l’applicazione della commissione fidi proprio su queste linee bloccate».
Evidentemente, se Vescovi tiene ad informarlo, Messina non deve avere il quadro di dettaglio, con gestori «non ancora in grado di utilizzare i sistemi informatici di Intesa Sanpaolo e quindi con tempi di risposta troppo lunghi, non compatibili con le esigenze di aziende innovative ed internazionalizzate che devono competere con i colossi europei e mondiali». E si tratta a volte di realtà imprenditoriali che «rischiano di non riuscire a pagare i fornitori o i dipendenti, fino addirittura ad arrivare al pericolo di chiusura con ovvie ricadute sui lavoratori e sulle famiglie che da esse dipendono».
E tutto questo in un territorio tutt’altro che minato da difficoltà congenite o conseguenti, ormai, alla crisi. Vescovi rappresenta infatti al top manager di Intesa i risultati di un’indagine eseguita su un campione di oltre mille Piccole e medie imprese associate, resa nota la scorsa setitmana, dalla quale si evince come poco meno dell’80% di esse «ha una qualità del credito classificata da solida a eccellente». Quindi soggetti affidabili, «in grado di stare sul mercato, compreso quello del credito, che si trovano nella condizione di poter o dover investire, di crescere e di assumere». Ma che si trovano zavorrati proprio da banalissime ragioni tecniche che il grande gruppo non riesce ancora a risolvere, al punto di trovare difficile effettuare «operazioni che dovrebbero essere invece di ordinaria amministrazione».
Fin qui le imprese che funzionano bene, le quali, tuttavia, non sono la totalità. Esiste un 13,7% di realtà imprenditoriali, fa infine presente Vescovi, «che ha una qualità del credito moderata e che quindi può con maggiore difficoltà far fronte con risorse proprie al blocco di operatività dovuto ai problemi interni del proprio istituto di credito». E a queste poco importa sapere che, come sottolineato martedì da Messina, «Non c’è una banca al mondo che abbia fatto un’operazione del genere di queste dimensioni».