Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Minacce al dipendente, condannati marito e moglie «Guida il camion oltre i limiti di legge o ti licenziamo»
«O guidi il camion anche oltre i tempi di legge o ti licenziamo». Sarebbero state le minacce dei datori di lavoro, ma l’autista non ha voluto sottostare alle loro imposizioni, si è anche rifiutato di usare i documenti falsi che gli avevano detto di mostrare in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine. E li ha denunciati. Era accaduto prima del gennaio 2010. Lunedì i due imprenditori di Tezze sul Brenta finiti alla sbarra con l’accusa di estorsione in concorso sono stati condannati dal giudice Deborah De Stefano alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione ciascuno, oltre ad una multa di mille euro.
Sono anche stati dichiarati interdetti dai pubblici uffici per cinque anni e dovranno risarcire seimila euro di danni all’ex dipendente, l’albanese Mario Logu, che si era costituito parte civile nel processo. Imputati erano Carlo Raimondo e la moglie Michela Volpato, di 64 e 39 anni di Tezze, già arrestati per bancarotta fraudolenta: erano loro i datori di lavoro della «Emmebiemme Logistic & Transport srl» di Rosà (legale rappresentante l’uomo), che avevano fatto lavorare il 36enne Logu. Questi non ha resistito a lungo alle richieste estorsive: ha smesso dopo tre mesi di lavoro anche perché, come denuncerà, non aveva percepito gli stipendi, al netto di un acconto di poche centinaia di euro.
Secondo quanto emerso, gli era stato detto che avrebbe effettuato consegne solo in Italia ma l’albanese, padre di famiglia, si era ritrovato a viaggiare da Rosà fino in Francia. Ed era stato proprio allora che, secondo quanto riportato nel capo di imputazione, Raimondo e Volpato lo costringevano a mettersi alla guida del camion «oltre i tempi di legge», sotto la minaccia di licenziamento. Stando a quanto denunciato da Logu, marito e moglie gli avevano imposto di non fare le soste previste per legge e di mostrare i documenti che gli avevano fornito (con attestazioni false) se controllato dalle forze dell’ordine.
In quel caso il dipendente avrebbe dovuto gettare i dischi del cronotachigrafo, perché così sarebbero emerse le ore trascorse alla guida, e mostrare una certificazione firmata dalla ditta che attestava — falsamente — il fatto che lui stava tornando al lavoro in quel momento, che rientrava da un periodo di ferie o malattia.
Certificazione, questa, che ha poi rappresentato una prova contro marito e moglie, per i quali lunedì è scattata la condanna.
L’estorsione L’autista, un albanese, ha denunciato la coppia: voleva che usasse documenti falsi