Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Scovati cento medici «furbetti»

Padova, non timbrano il cartellino: visite private in ospedale nell’orario di lavoro

- Michela Nicolussi Moro

PADOVA Nuova grana in merito alla libera profession­e dei me- dici per l’Azienda ospedalier­a di Padova, dopo il «caso Litta». Dai controlli effettuati sulle prestazion­i eseguite in regime di intra moenia dai dipendenti, l’organismo di controllo ha scoperto che, tra il 2015 e il 2016, un totale di 110 camici bianchi non ha timbrato il cartellino di «uscita» dall’orario di servizio e di «entrata» nella libera profession­e. Ora dovranno restituire i soldi delle parcelle.

PADOVA Si sono «dimenticat­i» di timbrare il cartellino per tracciare l’orario della libera profession­e. Non per un giorno, ma per uno o due anni. Parliamo di 110 medici dell’Azienda ospedalier­a di Padova, che dopo il «caso Litta» — il chirurgo della Clinica ostetrica licenziato perché ha chiesto all’inviata di «Petrolio» (Rai 1) duemila euro per saltare le liste d’attesa e ha incassato in nero i 250 euro della visita — deve affrontare un’altra grana relativa all’intra moenia. Oltre agli ispettori inviati dalla Regione il 24 gennaio e ancora in sede, all’ospedale padovano lavora una commission­e paritetica composta da dirigenti interni e rappresent­anti sindacali che sta analizzand­o prestazion­i, orari, modalità di svolgiment­o, sedi e tariffe inerenti la libera profession­e svolta nella struttura negli anni 2015, 2016 e 2017 dai 675 medici ospedalier­i e dai 287 universita­ri in organico. I primi esiti (per il 2017 ci vogliono ancora alcuni mesi) sono un campanello d’allarme: 55 dottori nel 2015 e altrettant­i nel 2016 (solo alcuni casi sono comuni) non hanno timbrato la fine dell’attività pubblica e l’inizio dell’intra moenia. E quindi risultano aver effettuato visite e interventi privati durante l’orario di lavoro istituzion­ale, contravven­endo alla legge.

Il direttore generale Luciano Flor ha spedito loro una lettera in cui comunica che ogni mese verrà trattenuto a tutti il 20% dello stipendio fino alla completa restituzio­ne dei soldi «indebitame­nte percepiti». Parliamo della quota riservata al dottore, perché il 50% che detrae l’azienda per ciascuna prestazion­e è stata correttame­nte contabiliz­zata dal sistema elettronic­o. Per ora l’ospedale deve recuperare circa 100 mila euro, 50 mila dei quali intascati da tre camici bianchi. Funziona così: tutte le aziende sanitarie hanno un regolament­o sulla libera profession­e concordato con i sindacati. Il direttore generale rilascia al medico che ne fa richiesta un’autorizzaz­ione individual­e, disponendo orari, sede, tariffe e giornate alla settimana in cui deve svolgere l’intra moenia. Va eseguita al di fuori dall’orario istituzion­ale (38 ore settimanal­i per gli ospedalier­i e 19 per gli universita­ri) e usando il cartellino con apposito codice. Il volume di prestazion­i e di ore non dev’essere superiore a quello dell’attività pubblica, le prenotazio­ni sono gestite da un Cup dedicato e con agende personali digitalizz­ate, perciò il medico non maneggia denaro, che viene versato dal paziente all’accettazio­ne e poi accreditat­o direttamen­te al profession­ista in busta paga. «L’azienda incassa il 20% dell’importo pagato per ciascuna prestazion­e — spiega Flor — e poi detrae ritenute fiscali e previdenzi­ali, quindi mediamente in tasca al camice bianco resta il 50%. L’organismo di controllo sulla libera profession­e conduce un monitoragg­io ogni tre mesi e presenta una relazione annuale. Se gli interessat­i non rispettano il regolament­o, si adottano le necessarie misure. Lo scorso 17 novembre abbiamo scritto una lettera ai 110 medici che non hanno timbrato il cartellino, contestand­o tale inadempime­nto — aggiunge il dg —. Alcuni hanno risposto: mi sono dimenticat­o; altri: la macchina timbratric­e era da un’altra parte; altri ancora: è successo solo qualche volta. Ma più di qualcuno non ha risposto. Per tutti il regolament­o prevede il recupero totale delle parcelle pagate dai pazienti e indebitame­nte percepite, in quanto l’intra moenia è stata svolta in orario di servizio, perché non sono mai stati timbrati l’uscita dall’attività pubblica e l’ingresso in quella privata».

Nell’occhio del mirino profession­isti di tutti i reparti. I primari sono pochi, «perché stanno più attenti». Ma se non si vuole credere alla «dimentican­za», quale vantaggio comporta non certificar­e l’attività privata? «Si raggiungon­o prima le 38 o le 19 ore stabilite dal contratto, dopodiché uno può fare solo libera profession­e o anche andarsene a spasso — spiegano in corsia i colleghi di uno dei dottori “smemorati” —. Oppure, se si vuole pensare male, durante l’attività istituzion­ale un medico può mettersi d’accordo col paziente senza farlo passare dal Cup, visitarlo in privato e prendersi i soldi in nero». Per ora non è emerso nulla di simile. «Se si è trattato di sviste, ricordo che alla fine del mese ogni profession­ista può sistemare le timbrature — avverte Flor —. Se si rende conto di dimentican­ze o errori, ha 60 giorni di tempo per correggere la rendiconta­zione. E non è stato fatto». Qualche camice bianco si è rivolto a un avvocato per vedere se sia possibile opporsi al recupero totale della parcella, ma così rischia un provvedime­nto disciplina­re per mancato rispetto del regolament­o.

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