Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
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L’Appello conferma la condanna a quasi 10 anni. Il giostraio: deluso dalla decisione
I giudici della corte VENEZIA d’Appello di Venezia non hanno concesso alcuno sconto, nemmeno di un giorno, al giostraio veneziano Oriano Derlesi, già ritenuto colpevole e condannato in primo grado per l’assalto armato messo a segno con dei complici il 3 febbraio del 2015 alla gioielleria Zancan di Ponte di Nanto. Per i colpi sparati con il kalashnikov, «arma tipo guerra»; e per il duplice tentato omicidio, nei confronti del benzinaio Graziano Stacchio e dell’orafo Robertino Zancan che si erano costituiti parte civile (con gli avvocati Lino Roetta e Marco Dal Ben).
Nove anni e dieci mesi di reclusione la sentenza inflitta nell’aprile scorso dal tribunale di Vicenza e nove anni e dieci mesi di reclusione (nove mesi per la verità visto che era stato evidenziato un mero errore di calcolo) è stata la condanna pronunciata ieri pomeriggio dalla seconda sezione della corte di Appello, che ha così accolto le richieste della pubblica accusa, con il sostituto procuratore generale Antonio De Lorenzi, e dei legali delle parti civili. Una sentenza, quella di primo grado, ricalcata integralmente dai giudici lagunari, anche per quanto riguarda la provvisionale di ventimila euro ciascuno, rispettivamente a Stacchio e Zancan parti civili, e al pagamento delle spese legali da loro sostenute (il resto del risarcimento si stabilirà in sede civile). «Una sentenza giusta, impeccabile quella di primo grado, che non lasciava spazio ad alcuna lamentala», commenta l’avvocato Lino Roetta. «Una sentenza equilibrata, conforme alle risultanze istruttorie», dichiara il collega Marco Dal Ben.
Ad essere deluso è Oriano Derlesi, l’imputato, l’unico della banda a finire in carcere, incastrato dal Dna trovato dai carabinieri del nucleo investigativo di Vicenza. «È rimasto basito – fa sapere l’avvocato Riccardo Benvegnù che lo assiste con Emanuele Fragasso junior – non si aspettava affatto una riconferma della sentenza di primo grado ma una riduzione». Scontato il ricorso in Cassazione. «Aspettiamo comunque di leggere le motivazioni dell’appello» spiega Benvegnù. La difesa aveva cercato anche in secondo grado di sgretolare il castello accusatorio – a partire dal duplice tentato omicidio -, negando qualunque tentativo, ma anche solo l’intenzionalità del 52enne veneziano, di far del male al benzinaio Graziano Stacchio e all’orafo Robertino Zancan. Parlando di favoreggiamento personale e negando anche che Derlesi sarebbe stato l’uomo che imbracciava il kalashnikov e che aveva aperto il fuoco nel piazzale della gioielleria. Per i suoi avvocati non avrebbe partecipato alla rapina, ma era solo l’autista della vettura «pulita» che aspettava vicino al ponte dove si è schiantata la Renault dei complici in fuga, con alla guida il nomade trevigiano Albano Cassol, già deceduto, colpito da uno degli spari di Stacchio che voleva difendere la commessa della vicina gioielleria dai criminali armati fino ai denti. Per i suoi avvocati «Derlesi si era ferito tentando di soccorrere e portare fuori dal posto di guida Cassol». Circostanza che stando alla difesa spiegherebbe perché le macchie di sangue erano state rinvenute in quel punto «e solo lì». Non invece davanti alla gioielleria presa d’assalto. Quanto all’arma che avrebbe imbracciato, un kalashnikov Ak47 calibro 7.62, per la difesa non era «da guerra» e comunque Derlesi non era mai arrivato a fare del male «anche quando il bersaglio (il riferimento è a Zancan e Stacchio) non poteva essere fallito». Argomentazioni, queste, con le quali gli avvocati del veneziano puntavano ad ottenere una riduzione della pena in secondo grado. Riduzione che però non c’è stata. E a loro non rimane quindi che giocarsi la carta della Cassazione prima che la sentenza diventi definitiva.