Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Popolari, Padoan firma: via alla bad bank
Predisposto il decreto che trasferirà quasi 18 miliardi di crediti deteriorati di Bpvi e Veneto Banca (centomila posizioni debitorie) alla Sga del Tesoro. Gli ex soci: no a una gestione burocratica degli Npl
VICENZA-MONTEBELLUNA
Non è più soltanto un progetto ma una realtà presto operativa la «bad bank» che dovrà occuparsi delle scorie lasciate in giro dalle ex Popolari di Vicenza e Montebelluna. La parte buona, com’è noto, se l’è presa Intesa Sanpaolo al prezzo simbolico di un euro.
Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, ha finalmente firmato dopo diversi mesi di attesa il decreto che consente la cessione alla Società per la gestione attivi del Tesoro - in sigla Sga, la «bad bank» per l’appunto - dei crediti deteriorati di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza, entrambe in liquidazione coatta amministrativa.
I crediti cedibili - specifica una nota del Ministero - sono quelli classificati come deteriorati alla data di avvio della liquidazione. Prima di diventare pienamente efficace, il decreto verrà trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione e, infine, sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Tra i crediti deteriorati che passeranno in capo dalla «bad bank» ci sono naturalmente anche le cosiddette baciate integrali, cioè i finanziamenti concessi ai clienti dalle due Popolari allo scopo di acquistare azioni delle banche medesime per l’intera somma. Delle baciate parziali, invece, si sta occupando la subentrata Banca Intesa.
Ma di quanti soldi stiamo parlando? Erano stati calcolati in totale 17,8 miliardi lordi di crediti deteriorati (Npl), con un valore contabile netto di 9,9 miliardi, relativi grosso modo a centomila posizioni sommando Vicenza a Montebelluna, quasi equamente divise tra sofferenze e incagli. La stragrande maggioranza dei debitori convolti (si parla dell’80%) sono basati in Veneto.
Ora lo Stato, attraverso una gestione definita «paziente», conta di recuperare quasi per intero la cifra di cui sopra. Se, però, non ci dovrebbero essere eccessivi problemi per gli 8,9 miliardi catalogati come sofferenze, più spinoso appare il tema degli 8,4 miliardi di inadempienze probabili, per i quali la possibilità di recupero è stimata in 5,4 miliardi. Si tratta infatti per la maggior parte di prestiti ad aziende vive, che hanno bisogno di nuova finanza o altre forme di sostegno per poter pagare i fornitori o incassare le fatture e che invece, dal giugno scorso, sono in una situazione di sostanziale blocco.
Il perfezionamento della cessione dei crediti deteriorati delle due ex Popolari nostrane, con la firma del decreto da parte del ministro, «permetterà alla Sga - specifica la nota del Mef - di subentrare nella gestione del portafoglio dei crediti, ottimizzando le prospettive di recupero, anche attraverso operazioni di ristrutturazione creditizia», visto che la «bad bank» sarà a tutti gli effetti un intermediario bancario. Non è ancora chiaro, però, come la Sga sarà in grado di operare, trattandosi di una struttura che non ha una rete fisica sul territorio nè personale specializzato nell’attività bancaria propriamente detta.
Sul fronte dei risparmiatori e degli ex soci traditi dal crollo delle due Popolari, i commissari liquidatori di Bpvi e Veneto Banca hanno comunicato che il prossimo 23 aprile sarà l’ultimo giorno utile per la presentazione delle domande di insinuazione al passivo. Le associazioni che rappresentano le vittime del crac hanno consegnato ieri una lettera urgente al ministro degli Interni Marco Minniti, impegnato nella campagna elettorale in Veneto, con la quale chiedono ancora una volta di accelerare le procedure di risarcimento.
In particolare, nel documento si pone l’accento sullo «scenario drammatico di una mera gestione burocratica degli Npl, senza tenere conto del contesto di illiceità in cui tali crediti sono maturati. Ora i debitori, non disponendo più della garanzia costituita dalle quote azionarie, dal valore azzerato, sono a rischio reale di procedure esecutorie che potrebbero travolgere l’attività imprenditoriale e la stessa casa di abitazione. La situazione - ricordano le associazioni interessa migliaia di piccole e medie imprese e famiglie».