Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Cassamarca, debiti e palazzi E i sindaci diedero l’allarme
Così il bilancio non ebbe l’ok. Salvataggio, Cariverona frena
Fondazione Cassamarca, quell’allarme su debiti e patrimonio che portò i sindaci a non firmare il bilancio. Debiti verso Unicredit per 184 milioni da rimborsare entro il 2020. E dubbi sull’effettiva consistenza di una fetta del patrimonio da 200 milioni. Mentre tornano a riaffacciarsi i piani - benedetti dal presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti - che vorrebbero risolvere la profonda crisi della fondazione trevigiana guidata da Dino De Poli, affidando la grana del salvataggio alla scaligera Cariverona, è interessante rileggere la relazione del collegio sindacale allegata al bilancio 2016 di Cassamarca. Anche per valutare la possibilità pratica di quei piani, rispetto ai sacrifici che sarebbero richiesti al «cavaliere bianco», per altro già di suo comprensibilmente restìo a muoversi. «Fondazione Cariverona agisce costantemente nell’ambito e nel rispetto dei suoi ruoli istituzionali», ha dichiarato ieri sera Mazzucco. Quasi a dire: disposti a considerare salvataggi di sistema, se ci sono le condizioni, ma nessuna smania di marciare su Treviso.
Così mentre il parlamentare trevigiano pentastellato Federico D’Incà chiede come precondizione all’operazione «l’allontanamento di qualsiasi persona abbia gestito l’istituto negli ultimi trent’anni, in correlazione con De Poli», torna fuori la relazione 2016 dei sindaci. Tutt’altro che difficile da capire, vista la chiarezza delle valutazioni con cui Roberto Rizzi e Ilenia Zanutto, incaricati anche della revisione legale, non approvano il bilancio, dichiarando troppo numerose le incertezze, a partire dalla vendita del patrimonio immobiliare, con «elevati profili di aleatorietà». Al punto da far sorgere «dubbi significativi sulla capacità della Fondazione di operare sulla base della continuità aziendale». Formula che fa balenare soluzioni estreme, perché, scrivono i sindaci, l’intreccio delle debolezze potrebbe determinare «effetti cumulati sul bilancio».
Punti deboli che sono in sostanza tre, oltre il dato-base di una perdita 2016 di 6,5 milioni (rispetto ai previsti 1,4) e «i costi della Fondazione e delle sue controllate strutturalmente superiori alle entrate». Primo fronte: i «debiti significativi» verso le partecipate e soprattutto verso Unicredit, la banca che Cassamarca contribuì a fondare proprio con Cariverona, e di cui detiene ancora lo 0,1%. Per i sindaci, i debiti da rimborsare entro il 2020 sono per 29 milioni dalla Fondazione e per altri 155 dalla controllata «Appiani 1», la srl della maxi-operazione immobiliare della Cittadella delle istituzioni a Treviso, con enormi dotazioni invendute.
I problemi s’intrecciano. La Fondazione ha emesso fidejussioni a garanzia dei rimborsi a Unicredit. Basati su vendite del patrimonio non realizzatesi. In più la stessa «Appiani 1» «è beneficiaria di un finanziamento infruttifero erogato dalla Fondazione» per 48,5 milioni. Insomma, se la partita Appiani non esce dal tunnel, la Fondazione viene colpita due volte. In più, scrivono i sindaci, non è di fatto possibile stabilire il valore reale delle partecipate, iscritto a bilancio per 120 milioni e rettificato poi a 91,3, valore comunque «significativamente superiore rispetto ai patrimoni netti contabili delle partecipate»; e di quei 120 milioni di partenza, «Appiani 1» pesa per 103.
A differenza di quanto succede per altri valori patrimoniali. I sindaci notano che «i valori di bilancio degli immobili e di parte significativa degli attivi finanziari sono superiori rispetto a quelli di mercato»: agli immobili è attribuito un valore di 75 milioni, a fronte di una perizia che fissa a 59 quello di mercato; e poi le azioni Unicredit, 173 milioni in bilancio e 38 di valore di mercato, risaliti oggi a 47,5; e ancora altre partecipazioni finanziarie valutate 127 milioni, ma con valori di mercato a fine 2016 di 62. Perdite che i sindaci considerano «durevoli», con l’implicito invito a svalutare. In ballo a questo punto ci sono oltre 200 milioni di euro, su un patrimonio netto dichiarato di 494 e attività nello stato patrimoniale per 558. E d’altra parte, ricordano i sindaci, è lo stesso segretario generale, Carlo Capraro, nel proprio rendiconto a scrivere che «si può ritenere che il patrimonio reale della Fondazione sia significativamente inferiore rispetto a quanto iscritto a bilancio».