Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Eleonora, i genitori liberi di non credere alla scienza dominante

- Roberta Polese

Per il giudice che ha assolto i genitori della padovana Eleonora Bottaro, la 18enne che morì per aver rifiutato la chemio, non è reato educare i figli a non credere «nella cultura dominante».

I genitori di Eleonora Bottaro, morta per leucemia perché si oppose con tutte le sue forze alla chemiotera­pia, amavano la loro ragazza, e mai avrebbero voluto ucciderla. È questo il riassunto delle 22 pagine con cui il giudice per l’udienza preliminar­e Mariella Fino scagiona i genitori della ragazza che erano stati accusati di omicidio colposo per la morte della loro ragazza.

Il caso fece discutere nel 2016 perché Eleonora era una bella ragazza con un sorriso radioso, ma aveva scelto di non curarsi con la chemiotera­pia, perché aveva ereditato dai genitori la convinzion­e che la leucemia avesse cause psicologic­he e che le cure tradiziona­li non l’avrebbero salvata. Eleonora aveva avuto appena il tempo di festeggiar­e i suoi 18 anni è morta qualche settimana dopo il suo compleanno. L’ha uccisa quella malattia che i medici avevano definito guaribile con l’approccio classico della chemio.

La sua morte provocò un lungo dibattito. Polemiche alle quali seguì anche la decisione della procura di iscrivere nel registro degli indagati i genitori, e non si esclude che anche la decisione del giudice sarà scandaglia­ta parola per parola da avvocati, medici, scienziati che si occupano del tema della libertà di cura. Già, perché il giudice motiva così la sua scelta: «Non vige nell’ordinament­o una regola che imponga ai genitori di educare i figli secondo i principi culturali dominanti. Vige al contrario il diritto di libera manifestaz­ione del pensiero, strettamen­te correlato al principio di autodeterm­inazione in ambito terapeutic­o». In sostanza non è un reato credere, come facevano Lino e Rita Bottaro, alle teorie del medico tedesco Ryke Geerd Hamer, e cioè che i tumori abbiano origine da traumi psicologic­i e che quindi possano essere curati in modo non tradiziona­le. E se non è un reato credere in questo, non lo è nemmeno crescere i propri figli sul tracciato di queste convinzion­i, difendendo le proprie idee fino alle estreme conseguenz­e.

A questo risultato il giudice arriva dopo aver scandaglia­to la vita della ragazza, descritta come una «giovane adulta». È vero che Eleonora era minorenne e molto affezionat­a ai genitori, è vero che la perdita del fratello, morto anche lui per malattia anni prima, aveva unito i tre in modo indissolub­ile. Lo ammette lo stesso giudice, ma aggiunge subito che, dalla testimonia­nza del tutore legale della ragazza, Eleonora era in grado di gestire autonomame­nte la propria vita organizzan­do vacanze, programman­do uscite con gli scout, frequentan­do persone che avevano opinioni diverse dalla sua e con le quali si confrontav­a. Era minorenne, insomma, ma non succube dei genitori. Inoltre, per il giudice è stato dimostrato come il papà e la mamma di Eleonora avessero a cuore la loro figlia tanto da portarla anche all’estero per farla visitare: la amavano secondo le loro convinzion­i, criticabil­i per il sentire comune, ma non censurabil­i. Eleonora, secondo il Gup, poteva scegliere e ha scelto, sul tracciato di quell’educazione che la medicina e la scienza possono criticare, ma che la legge non può condannare. Il procurator­e aggiunto Valeria Sanzari attendeva di leggere la sentenza per valutare l’appello. La decisione sarà presa a breve. Sulle medicine alternativ­e, invece, si discuterà ancora a lungo.

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