Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Eleonora, i genitori liberi di non credere alla scienza dominante
Per il giudice che ha assolto i genitori della padovana Eleonora Bottaro, la 18enne che morì per aver rifiutato la chemio, non è reato educare i figli a non credere «nella cultura dominante».
I genitori di Eleonora Bottaro, morta per leucemia perché si oppose con tutte le sue forze alla chemioterapia, amavano la loro ragazza, e mai avrebbero voluto ucciderla. È questo il riassunto delle 22 pagine con cui il giudice per l’udienza preliminare Mariella Fino scagiona i genitori della ragazza che erano stati accusati di omicidio colposo per la morte della loro ragazza.
Il caso fece discutere nel 2016 perché Eleonora era una bella ragazza con un sorriso radioso, ma aveva scelto di non curarsi con la chemioterapia, perché aveva ereditato dai genitori la convinzione che la leucemia avesse cause psicologiche e che le cure tradizionali non l’avrebbero salvata. Eleonora aveva avuto appena il tempo di festeggiare i suoi 18 anni è morta qualche settimana dopo il suo compleanno. L’ha uccisa quella malattia che i medici avevano definito guaribile con l’approccio classico della chemio.
La sua morte provocò un lungo dibattito. Polemiche alle quali seguì anche la decisione della procura di iscrivere nel registro degli indagati i genitori, e non si esclude che anche la decisione del giudice sarà scandagliata parola per parola da avvocati, medici, scienziati che si occupano del tema della libertà di cura. Già, perché il giudice motiva così la sua scelta: «Non vige nell’ordinamento una regola che imponga ai genitori di educare i figli secondo i principi culturali dominanti. Vige al contrario il diritto di libera manifestazione del pensiero, strettamente correlato al principio di autodeterminazione in ambito terapeutico». In sostanza non è un reato credere, come facevano Lino e Rita Bottaro, alle teorie del medico tedesco Ryke Geerd Hamer, e cioè che i tumori abbiano origine da traumi psicologici e che quindi possano essere curati in modo non tradizionale. E se non è un reato credere in questo, non lo è nemmeno crescere i propri figli sul tracciato di queste convinzioni, difendendo le proprie idee fino alle estreme conseguenze.
A questo risultato il giudice arriva dopo aver scandagliato la vita della ragazza, descritta come una «giovane adulta». È vero che Eleonora era minorenne e molto affezionata ai genitori, è vero che la perdita del fratello, morto anche lui per malattia anni prima, aveva unito i tre in modo indissolubile. Lo ammette lo stesso giudice, ma aggiunge subito che, dalla testimonianza del tutore legale della ragazza, Eleonora era in grado di gestire autonomamente la propria vita organizzando vacanze, programmando uscite con gli scout, frequentando persone che avevano opinioni diverse dalla sua e con le quali si confrontava. Era minorenne, insomma, ma non succube dei genitori. Inoltre, per il giudice è stato dimostrato come il papà e la mamma di Eleonora avessero a cuore la loro figlia tanto da portarla anche all’estero per farla visitare: la amavano secondo le loro convinzioni, criticabili per il sentire comune, ma non censurabili. Eleonora, secondo il Gup, poteva scegliere e ha scelto, sul tracciato di quell’educazione che la medicina e la scienza possono criticare, ma che la legge non può condannare. Il procuratore aggiunto Valeria Sanzari attendeva di leggere la sentenza per valutare l’appello. La decisione sarà presa a breve. Sulle medicine alternative, invece, si discuterà ancora a lungo.