Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
DAVIDE CONTRO GOLIA
La lotta tra Davide e Golia è la più appassionante, da sempre, a ogni latitudine e longitudine: vincere (letteralmente) con l’ingegno e non con i soldi. Ivano Beggio, morto ieri a 73 anni lo sapeva alla perfezione. L’idea del piccolo uomo capace di (ab)battere il gigante è stata tutta la sua vita. E, fuor di metafora, la sfida tra la sua Aprilia e le giapponesi Honda, Suzuki e Kawasaki è stata per decenni, e in qualche modo è ancora oggi, il sale del motomondiale. Di più, rappresenta una delle più affascinanti pagine sportive che siano mai state scritte.
A metà anni Ottanta, quando le moto made in Noale, entroterra veneziano, si affacciavano al campionato mondiale velocità, Aprilia fatturava 7 miliardi di lire; Honda, per capirci, viaggiava sui 7 miliardi di dollari. L’escalation è stata impetuosa, tanto sul versante sportivo quanto su quello industriale. I primi titoli iridati sono arrivati quasi in contemporanea, nel 1992, con il finlandese Tommi Ahvala nel trial e con Alessandro Gramigni nella classe 125. Dopo trent’anni fra circuiti e percorsi da cross, in bacheca fanno bella mostra di sé 26 mondiali piloti e 28 campionati costruttori (record per una casa europea). Non a caso, oggi, a ricordare affettuosamente Beggio è gente del calibro di Valentino Rossi, Max Biaggi e Loris Capirossi, lanciati da ragazzi e portati ai trionfi internazionali.
In parallelo, le vendite salivano da 50 a 300 mila motoveicoli all’anno, metà dei quali destinati ai mercati esteri, con 1200 dipendenti divisi tra la vecchia sede di Noale e il nuovo, modernissimo stabilimento di Scorzè, mentre i ricavi nel 2000 sfondavano i mille miliardi di lire. I numeri, tuttavia, non dicono tutto. Beggio è stato l’emblema degli imprenditori veneti di successo e, perché no, un simbolo del genio italico. L’uomo che si fa da solo, l’artigiano in grado di trasformare la meccanica in hi-tech, il visionario che accetta ante litteram la competizione globale. Un mix straordinario. Al punto che Aprilia diventa case history studiata nelle università per capire il famoso boom del Nordest. Rimasto orfano poco più che ventenne, Beggio prende le redini dell’azienda di biciclette fondata dal padre Alberto e la spinge con decisione sulla frontiera dei motori. Non finisce qui. La sua grande intuizione, da imprenditore di razza, è stata quella di collegare strettamente il reparto corse alla produzione industriale. Le vittorie costituivano il migliore messaggio di marketing per il pubblico degli appassionati. Ma soprattutto, sulle moto da corsa potevano venire sperimentate soluzioni tecnologiche innovative da applicare anche ai modelli di serie. Sono nati così gioielli come lo Scarabeo, primo piccolo fuoristrada, le sportive RS 125 e 250, oppure la Motò, creata da Philippe Starck e immediatamente diventata un’icona del design italiano.
Beggio ha ceduto a Piaggio nel 2004, nel momento più nero del settore in Italia e in Europa. Il marchio Aprilia, però, è ancora in pista. E non solo nelle gare del motomondiale (compresa la MotoGp). Roberto Colaninno, numero uno della casa di Pontedera, ha appena detto, con orgoglio, che le vendite sono in crescita del 3,9 per cento. La sfida di Davide contro Golia continua.