Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Venezia e Mestre divise fissato il referendum e il Comune va al Tar
La Regione fissa la data: 30 settembre. Manovre e tensioni per evitare il voto
Il 30 settembre veneziani e mestrini VENEZIA torneranno alle urne per rispondere alla domanda che infiamma il capoluogo da quasi quarant’anni: separarsi o no. La Regione ha infatti indetto il referendum consultivo per l’ultima domenica di settembre. Manovre e tensioni per evitare il voto. Il Comune ha già annunciato ricorso.
Venezia e Mestre meglio insieme o separate? Per la quinta volta dal 1979, il 30 settembre veneziani e mestrini torneranno alle urne per rispondere alla domanda che infiamma il capoluogo da quasi quarant’anni.
La giunta regionale ieri ha infatti indetto il referendum consultivo per l’ultima domenica di settembre. «Abbiamo adempiuto a quanto chiesto dal Consiglio regionale, che è sovrano – ha spiegato il governatore Luca Zaia - Non faremo nessuna campagna né per il sì né per il no, per dar modo ai cittadini interessati di potersi esprimere nella più assoluta libertà». «Una grandissima gioia, un momento che attendiamo da anni», esulta il referente dei comitati veneziani, l’avvocato Marco Sitran. Che si voti davvero però è tutto da vedere, avverte il sindaco Luigi Brugnaro. Il Comune e la Città Metropolitana infatti impugneranno il provvedimento al Tar, chiedendo la sospensiva per evitare il paradosso di un pronunciamento che arriva a voto concluso e spoglio vidimato. La questione è in effetti già sul tavolo dei giudici amministrativi che il 21 marzo hanno fissato l’udienza per decidere sui quattro ricorsi già presentati da Comune e Città Metropolitana contro il via libera del Consiglio Regionale alla quinta consultazione e contro la delibera che ha stabilito che andranno a votare solo veneziani e mestrini. Ricorsi, per così dire, preliminari perché l’unico vero atto amministrativo che dà via libera al referendum è l’indizione decisa ieri dalla giunta. Intorno a questo voto (il quinto: veneziani e mestrini erano già stati interrogati sul tema nel 1979, nel 1989, nel 1993 e nel 2003) si stanno esercitando dal 2014 le avvocature civiche di Regione ed enti locali. Infatti non è chiaro se sia valido l’iter scelto dai comitati: la raccolta di 8.965 firme e la presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare a palazzo Ferro Fini sono perfettamente in linea con la legge regionale 25 e la Costituzione ma il problema è che nel 2014 Venezia e provincia sono diventate Città Metropolitana e la legge che le ha dato questo status, la Delrio, prevede che la divisione del capoluogo la decida il Comune.
Ovviamente Brugnaro, contrarissimo alla divisione, ritiene non si possa fare mentre i comitati promotori mettono la mano sul fuoco che è tutto in regola. Ecco perché il pronunciamento del Tar è tanto atteso, in primis dalla Regione: Zaia non ci tiene affatto ad accollarsi i costi (circa un milione di euro) di una consultazione illegittima.In tutto questo groviglio giuridico, l’unica cosa certa è che il referendum per essere valido avrà bisogno del quorum (nel 2003, ad esempio, votò meno della metà degli elettori e quindi il risultato fu nullo).
Tar o meno, la campagna elettorale dei divisionisti è già lanciatissima. A sorpresa, i comitati non si troveranno alleati alla Lega, che ha fatto il diavolo a quattro perché il referendum si tenesse, dando filo da torcere in giunta al sindaco veneziano. Il Carroccio non darà indicazioni di voto (una cortesia istituzionale all’alleato Brugnaro), come il M5s. E gli altri partiti maggiori sono contrari: i fucsia del sindaco, Forza Italia, il Pd. Uno scenario che ricorda quello dei referendum precedenti, con tutti i partiti allieati sul no. Solo che stavolta la fronda separatista sta crescendo ovunque. «Noi storicamente siamo e restiamo unionisti – ribadisce Debora Onisto, capogruppo azzurra a Ca’ Farsetti – Certo, poi ci sono posizioni personali diverse». «Molto più che un tempo, ci sono sacche di autonomismo nel Pd – riconosce il segretario Giorgio Dodi – Minoritarie. La maggioranza pensa però che dividere il Comune per creare due centri più piccoli non abbia senso». Il senatore uscente Felice Casson ritiene che referendum sia legittimo: «Semmai è la legge Delrio a essere incostituzionale. Quanto al merito, sto valutando concretamente aspetti storici, culturali ed economici». Fatto sta che il centro-sinistra si è scoperto più autonomista da quando Brugnaro è sindaco.