Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Giallo Caoduro, in cella l’orafo ricercato
La famiglia era sparita, ieri l’uomo è stato arrestato dopo essere tornato a Vicenza
Risolto dopo mesi «il mistero» della famiglia Caoduro, scomparsa dalla scorsa estate. Me senza dare più notizie, quelle che ora potrebbero raccontare gli stessi protagonisti: martedì marito, moglie e figlia adolescente sono tornato a Vicenza. Ma non nella loro casa, in un hotel. Un «nascondiglio» con il quale erano probabilmente convinti di evitare i guai, avendo saputo che il capofamiglia era ricercato. E ieri Mineo Caoduro è stato arrestato.
Accuse e smentite Il pm: «A processo per maltrattamenti». La donna: «Ma io non l’ho mai denunciato»
Risolto dopo mesi il mistero della famiglia Caoduro, scomparsa dalla città e anche dall’Italia dalla scorsa estate. Mesi di silenzio prolungato, senza dare più notizie, quelle che ora potrebbero raccontare gli stessi protagonisti. Sì perché ieri marito, moglie e figlia adolescente sono tornati nuovamente a Vicenza. Ma non nella loro casa del quartiere Laghetto, dove probabilmente pensavano di essere rintracciati subito, ma all’hotel Aries di via Zamenhof. Un «nascondiglio» dove probabilmente erano convinti di evitare i guai, avendo saputo che il capofamiglia era ricercato e rischiava di finire in carcere se rintracciato. Ed è bastata la registrazione alla reception dell’hotel perché Mineo Caoduro – la prenotazione era proprio a nome suo, il capofamiglia – venisse arrestato dalla polizia e accompagnato al San Pio X. Il sistema di registrazione telematico delle strutture ricettive dove la famiglia si era presentata è infatti collegato alla questura che si è mossa subito dopo la segnalazione. Gli agenti sono andati a prendersi l’uomo, ricercato da tempo: sul commerciante di preziosi di 53 anni pendeva infatti un mandato di arresto europeo. Europeo perché c’era il sospetto che si trovasse oltreconfine, forse in Spagna, forse in Slovenia o Croazia. Provvedimento, questo, chiesto e ottenuto nei mesi scorsi dal pubblico ministero Paolo Fietta, per il fatto che l’orafo aveva violato il divieto del giudice di avvicinare la compagna Barbara Golin di otto anni più giovane che lo aveva denunciato per maltrattamenti. Con lei avrebbe affrontato il viaggio oltre confine, e assieme a loro la figlia di 14 anni, ora affidata ad una struttura protetta.
E proprio l’accusa di maltrattamenti è quella da cui potrebbe trovarsi a difendersi l’orafo in aula visto che il procedimento, in questi mesi, ha seguito il suo iter, con il pm che ha chiesto per lui il processo e l’udienza preliminare già fissata a maggio.
Ad inquietare, nel giugno scorso, era il fatto che della famiglia non c’era più traccia dopo che la 45enne si era presentata in questura (e prima al pronto soccorso), raccontando, tra gli altri, di docce gelate e rasate di capelli a cui era stata costretta dal compagno. La donna allora, per sua tutela, era stata accolta con la figlia in una struttura gestita da religiose (da cui poi se n’erano andate) mentre l’orafo allontanato da casa. E tutti e tre erano poi spariti: irrintracciabili, come se fossero stati inghiottiti dal nulla.
Allora, a distanza di giorni, dopo gli articoli apparsi sulla stampa, la donna, assistita dall’avvocato Anna Sambugaro, aveva fatto sapere di stare bene, di essere all’estero, senza specificare dove, assicurando che la figlia era con lei, ma non il marito. Ieri la stessa 45enne ha spiegato: «Se sono tornata a Vicenza è per essere sentita dal magistrato e scagionare mio marito: io non ho mai presentato denuncia nei suoi confronti e quelle accuse sono infondate, il mio compagno avrà modo di dimostrare la sua innocenza». Aggiungendo: «Non voglio che si parli oltre di questa vicenda, a tutela di mia figlia, minorenne».