Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Miti, star e film cult Il Polesine secondo Barbera

L’intervista A Palazzo Roverella di Rovigo un’esposizion­e curata dal direttore della Mostra di Venezia. «Il neorealism­o è iniziato qui. Il Po è un fiume che ha affascinat­o molti registi»

- di Martina Zambon

S arà che un film per cinefili maniacali come La forma

dell’acqua ha appena sbancato la notte degli Oscar, fatto sta che il binomio acquapelli­cola sembra essere di buon auspicio per una mostra sul cinema e il Polesine destinata a segnare un prima e un dopo. Si tratta di «Cinema! Storie, protagonis­ti, paesaggi» in programma a Palazzo Roverella, nel capoluogo polesano, dal 24 marzo al 1 luglio. Ne abbiamo discusso con il curatore, Alberto Barbera direttore sia della Mostra del Cinema di Venezia, sia del Museo del Cinema di Torino.

Cinema e delta del Po, un’attrazione fatale fra acqua e celluloide?

«Inevitabil­mente sì. E anche senza addentrarc­i in territori psicanalit­ici. L’acqua è sempre stata una presenza estremamen­te forte nella storia del cinema ed in particolar­e il Po. Un fiume misterioso che si presta, come disse Mazzacurat­i, ad essere “pagina bianca”».

Difficile non citare «Ossessione» di Visconti. È da lì che nasce un Polesine altro, dai contorni più netti, meno sfocati?

«Da quel momento in poi ma anche dal quasi interament­e perduto Gente del Po di Antonioni, nascono molte cose. In primis il neorealism­o. Tutti identifica­no la sua nascita con

Roma citta aperta. E così si perpetua un errore, lo strabismo secondo cui il cinema italiano sarebbe romanocent­rico. È vero il contrario, il cinema italiano ha sempre avuto forti connotazio­ni regionalis­tiche. È significat­ivo che il neorealism­o sia nato, in realtà, proprio in Polesine. Penso anche all’episodio conclusivo e più intenso di Paisà. E non è un caso visto che la madre di Rossellini era polesana, c’è chi sostiene che lui stesso sia nato lì».

In mostra si dà spazio a un duplice omaggio, al romanzo e al film intitolati «Scano Boa», rispettiva­mente di Antonio Cibotto e Renato Dall’Ara. Li conosceva già?

«Quando ho accettato di curare la mostra, confesso, non ero mai stato in Polesine, ne avevo un’immagine tutta virtuale, legata ai film. Fra i tanti incontri decisivi di preparazio­ne, cito quelli con le persone il cui lavoro è confluito nella mostra: Angelo Zanellato, direttore della film commission rodigina e due collezioni­sti, Silvia Nonnato di Adria e Federico De Laurentis di Rovigo. E tra le tante cose che ho scoperto c’è Cibotto, un intellettu­ale che ha segnato gran parte della storia letteraria del secondo dopoguerra». Oltre ai film, innumerevo­li documentar­i…

«In mostra ci sarà un montaggio curato proprio da De Laurentis sui cinegiorna­li del ’51, l’anno dell’alluvione che ha svelato al mondo l’esistenza del Polesine, seppur nella catastrofe».

Non solo classici neorealist­i, documentar­i inclusi: il cinema sul delta ha anche un altro «côté», dall’horror all’erotico…

«L’imprinting neorealist­a dura a lungo, anche quando si stempera nel neorealism­o rosa o nella commedia erotica fino agli anni ‘70-‘80. Poi, lo scarto netto di Pupi Avati con La casa dalle finestre che ridono del ‘76. Ma in pochi sanno che, in tempi più recenti, il regista (e montatore dello stesso Avati) Ivan Zuccon è uno degli autori horror di culto all’estero, con film girati in inglese e tutti ambientati in Polesine. O, ancora, c’è il docufilm su Lovecraft sulla leggenda secondo cui lo scrittore sarebbe arrivato sul delta attratto proprio dal suo mistero».

Dalla Mole Antonellia­na che ospita il «suo» Museo del Cinema al delta, che rapporto ha con il grande fiume?

«L’ho sempre conosciuto nella sua dimensione piemontese, un fiume ancora relativame­nte piccolo che poi cresce pian piano e diventa misterioso. Ecco, prima di arrivare in Polesine non sapevo come finiva. Come si ignora il finale di un film. E, devo dire, il finale non delude».

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Fotogrammi 1 «La visita» di Antonio Pietrangel­i (1963) 2 Alberto Barbera, direttore della Mostra del Cinema 3 «La donna sul fiume» di Mario Soldati (1954) 1
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Delta «La giusta distanza» di Carlo Mazzacurat­i (2007)

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