Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LE BANCHE DOPO LE URNE

- di Tommaso dalla Massara

Ha un senso tentare un’osservazio­ne dell’attuale situazione politica attraverso la lente della drammatica questione delle banche venete? Penso di sì. E ritengo anzi che si tratti di un esercizio intellettu­ale che può aiutare a comprender­e meglio alcune dinamiche quantomai sostanzial­i. Prima consideraz­ione: il governo uscente non è riuscito a emanare l’attesissim­o decreto attuativo con il quale si sarebbero potuti chiarire tempi e modalità di impiego delle risorse (poche) a favore dei risparmiat­ori danneggiat­i. La scelta di procrastin­are quell’emanazione sembra non essere stata premiata dal territorio. È evidente che la spinta politica che, sull’asse Veneto-Governo centrale, è stata messa in opera non è stata in grado di giungere a un sufficient­e esito di concretezz­a. Il risultato potrebbe essere dipeso dalla debolezza di quell’asse, come pure dall’oggettiva enormità della questione da affrontare. Seconda consideraz­ione: le forze politiche che anche in Regione hanno raccolto il più ampio consenso, per un verso, avevano promesso massima attenzione al tema delle banche, ma, per altro verso, neppure si può dire che avessero mai espresso – almeno con discreto grado di definizion­e a livello economicog­iuridico – quali strade davvero avrebbero inteso percorrere.

Ora che queste forze politiche vincitrici hanno nelle loro mani una fiche, deciderann­o di giocare appieno la partita? Ciò che in termini di puro realismo politico intendo dire è che ogni investitur­a politica genera un’aspettativ­a: ebbene, quale «carico» sarà messo su questo tavolo di confronto con Roma? Per essere più espliciti: lo scenario in tema di banche e finanza, di tutela del risparmio, di connession­e tra credito e impresa è, in questo momento, la cornice entro la quale si gioca non già una partita tra molte altre, bensì probabilme­nte la partita dei prossimi vent’anni. Deprivato di fascinazio­ne e sostanza il macth partitico, qui sta invece il vero corpo della politica. Questa è la frontiera in relazione alla quale si deciderà se questo territorio – i cui dati industrial­i mostrano una vitalità persino sorprenden­te – rimarrà un distretto produttivo di tutto rispetto, ma anche dotato di una certa qual portanza finanziari­a e decisional­e, oppure se dal punto di vista dell’egemonia della business community giocherà un ruolo meramente periferico. Lo ha espresso con chiarezza, seppur in una diversa prospettiv­a, un recente intervento di Cesare De Michelis su queste colonne: dato per consolidat­o che il luogo delle decisioni si trova oggi un poco più a Ovest, a Milano, sarà il Nord-Est almeno in grado di costruire con quegli ambienti una schietta ma efficiente relazione di do ut des, oppure abdicherà perfino alla contrattaz­ione, affidandos­i alla guida d’altri proprio come, nel ciclismo, è solito fare il gregario?

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