Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
LE BANCHE DOPO LE URNE
Ha un senso tentare un’osservazione dell’attuale situazione politica attraverso la lente della drammatica questione delle banche venete? Penso di sì. E ritengo anzi che si tratti di un esercizio intellettuale che può aiutare a comprendere meglio alcune dinamiche quantomai sostanziali. Prima considerazione: il governo uscente non è riuscito a emanare l’attesissimo decreto attuativo con il quale si sarebbero potuti chiarire tempi e modalità di impiego delle risorse (poche) a favore dei risparmiatori danneggiati. La scelta di procrastinare quell’emanazione sembra non essere stata premiata dal territorio. È evidente che la spinta politica che, sull’asse Veneto-Governo centrale, è stata messa in opera non è stata in grado di giungere a un sufficiente esito di concretezza. Il risultato potrebbe essere dipeso dalla debolezza di quell’asse, come pure dall’oggettiva enormità della questione da affrontare. Seconda considerazione: le forze politiche che anche in Regione hanno raccolto il più ampio consenso, per un verso, avevano promesso massima attenzione al tema delle banche, ma, per altro verso, neppure si può dire che avessero mai espresso – almeno con discreto grado di definizione a livello economicogiuridico – quali strade davvero avrebbero inteso percorrere.
Ora che queste forze politiche vincitrici hanno nelle loro mani una fiche, decideranno di giocare appieno la partita? Ciò che in termini di puro realismo politico intendo dire è che ogni investitura politica genera un’aspettativa: ebbene, quale «carico» sarà messo su questo tavolo di confronto con Roma? Per essere più espliciti: lo scenario in tema di banche e finanza, di tutela del risparmio, di connessione tra credito e impresa è, in questo momento, la cornice entro la quale si gioca non già una partita tra molte altre, bensì probabilmente la partita dei prossimi vent’anni. Deprivato di fascinazione e sostanza il macth partitico, qui sta invece il vero corpo della politica. Questa è la frontiera in relazione alla quale si deciderà se questo territorio – i cui dati industriali mostrano una vitalità persino sorprendente – rimarrà un distretto produttivo di tutto rispetto, ma anche dotato di una certa qual portanza finanziaria e decisionale, oppure se dal punto di vista dell’egemonia della business community giocherà un ruolo meramente periferico. Lo ha espresso con chiarezza, seppur in una diversa prospettiva, un recente intervento di Cesare De Michelis su queste colonne: dato per consolidato che il luogo delle decisioni si trova oggi un poco più a Ovest, a Milano, sarà il Nord-Est almeno in grado di costruire con quegli ambienti una schietta ma efficiente relazione di do ut des, oppure abdicherà perfino alla contrattazione, affidandosi alla guida d’altri proprio come, nel ciclismo, è solito fare il gregario?