Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Morta la piccola Giada, la bimba «peso piuma» ha perso la sua battaglia
Sette chili per dodici VENEZIA anni. Una partita persa. Non si vince contro la matematica della sopravvivenza. Eppure, Giada, la «pollicina» di Chioggia, è riuscita a stupire fino alla fine: sembrava riprendersi da una polmonite, giusto qualche giorno fa, tanto da essere rimandata a casa. Poi il buio, la mancanza di ossigeno, il faccino blu e quello schiaffo che ha rispedito i genitori nella cruda realtà. Anche più giù. Un bacio, un abbraccio e già due pomeriggi di lacrime in casa Perini, a Chioggia, da dove si racconta la storia di una bimba malata che non c’è più, e che è riuscita a far mobilitare una comunità come poche volte, nel passato.
Giada Perini, 12 anni, aveva troppi pesi: una grave forma di tetraparesi spastica, la microcefalia e soffriva pure di epilessia. Per mamma Michela e papà Fabrizio, di Chioggia, ogni giorno era regalato. «Eppure non ti abitui mai – confida la mamma, a lunghi respiri – è da quando Giada ha tre mesi che ci prepariamo al peggio, ma in questi giorni ho capito che non ci si può assolutamente attrezzare ad un dolore del genere. Umanamente non puoi».
Dopo un altro lungo sospiro, arriva la cronaca recente. «Circa dieci giorni fa, Giada ha preso l’influenza e la polmonite - spiega Michela -. La mia bimba non respirava, era diventata tutta blu, l’avevano attaccata ai macchinari». Poi la sorpresa. «Pensi che si è ripresa, a dispetto di tutte le previsioni, e il primario ci ha permesso di riaverla a casa prosegue Michela, che per un momento ritrova la sua forza -, ma poi ci ha sorpreso ancora una volta: martedì aveva smesso di respirare».
Un caso gravissimo quello della «pollicina» Giada, piccola donnina che lottava contro una crescita difficilissima: «Da quando aveva tre mesi ci siamo preparati alla fine, ma in questi giorni ho realizzato che non esiste preparazione che tenga a questi lutti - confida la mamma -. L’unica cosa che ci consola è che ora Giada ha smesso di soffrire: tre settimane al mese era malata, fra aspiratore e complicazioni per lei era una sofferenza, piangeva per ore». Ma il grande mistero dell’esistenza umana è che, spesso, le cose felici coincidono con quelle brutte: «Di lei ora mi manca tutto - va avanti a fatica, Michela - vivevamo sempre insieme: dal risveglio alla sera. Ecco perché ho chiesto, dopo la cremazione, che torni, ancora una volta a casa».
La comunità locale è in subbuglio: le lacrime sono riversate sui social, il lutto viene vissuto fra bar e campi di calcio. Le associazioni sportive (Clodiense Chioggia Sottomarina e gruppo Ultrà) che organizzavano le partite del cuore per finanziare ciò che serviva a Giada, pensano già ad un memorial. «Ma ora prevale il silenzio rispettoso - avvertono tifosi e sportivi - mamma Michela e papà Fabrizio sanno che ad un cenno, noi siamo pronti a muoverci».