Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Furto di pellame ai domiciliari padre e figlio
Dipendente di una ditta di trasporti, avrebbe dovuto consegnare un carico di pelli da 2500 euro ad una conceria, ma ha scaricato la merce nell’auto del padre, che si è diretto in una conceria diversa da quella che attendeva la consegna: un servizio che ai due avrebbe fruttato bene e che pare avessero già collaudato più volte. Questo il quadro ricostruito dai carabinieri che mercoledì hanno arrestato padre e figlio, Fausto e Stefano Tornicelli, 61 anni e 36 anni, entrambi residenti a Montebello Vicentino. Furto continuato ed aggravato di pellame l’accusa che li ha fatti finire agli arresti domiciliari e ieri pomeriggio davanti al giudice, patteggiando sei mesi di reclusione ciascuno. Pena che è stata loro sospesa. Denunciato invece per ricettazione il titolare di una ditta di Arzignano: un 50enne del posto, presunto acquirente della merce «scivolata» dal camion. Denunciato anche il suo collaboratore perché complice.
I carabinieri di Arzignano tenevano sotto scasso padre e figlio da alcuni giorni. Li avevano sotto controllo anche mercoledì pomeriggio. È stato allora che il 36enne, che lavora per una ditta di trasporti, stando a quanto ricostruito, si è incontrato in un parcheggio alle porte di Arzignano con il padre. Qui i due, secondo quanto riferito dai militari, hanno iniziato a scaricare dal camion sessantuno pelli del tipo wet blue del valore di 2.500 euro, per caricarle subito dopo nella vettura del 61enne. Da lì poi il genitore si sarebbe diretto in un’altra conceria, che non era all’indirizzo di quella che risultava dal report delle consegne da fare. Ed è proprio in questa conceria di Arzignano che i carabinieri hanno sorpreso i due mentre scaricavano il pellame, aiutati da titolare e collaboratore. Un «sistema», per l’accusa, già sperimentato: nel corso dell’operazione i militari hanno infatti recuperato altre cento pelli fatte sparire nei giorni precedenti con le stesse modalità alla stessa azienda che le ha aspettate invano e 6.500 euro in contanti, che altro non erano che i guadagni dell’attività illecita.