Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Dopo 19 anni abbraccia la famiglia del donatore «Mi sono sentita a casa»
Maura ha ricevuto rene e pancreas da un poliziotto
Maura È accaduto per caso, nei modi e tempi che la vita ha voluto Ho incontrato una famiglia bellissima Persone straordinarie
C’è Maura, vicentina che da quasi vent’anni vive grazie ad un pancreas e un rene donati. E c’era Salvatore, un poliziotto milanese. Anzi, c’è ancora. Perché Maura lo porta con sé e ringrazia ogni giorno l’uomo a cui deve la vita.
Due mesi fa Maura Fontana, impiegata scledense, questo «inno alla gioia di vivere» l’ha scritto forte sui social: sapeva solo che la donazione era avvenuta a Pavia. In un modo che ha dell’incredibile un po’ alla volta l’eco del suo ringraziamento è arrivato in Lombardia, fino ai figli Daniel e Muriel - allora bambini, oggi grandi - e a Lidia, moglie di Salvatore. Con enorme emozione, domenica Maura e la famiglia si sono incontrati: un abbraccio che, per tutti, era atteso da molti anni.«A volte il dolore trasforma in modo crudele, cattivo. Questa famiglia che ho incontrato è invece bellissima. Persone straordinarie». Maura, che oggi ha sessant’anni, ieri ha scritto di nuovo dopo l’incontro a Pavia, ringraziando il suo «caro Giò».
Ha inizio nei primi giorni di gennaio 1999 questo intreccio di storie: quella di Maura e quella della famiglia di Salvatore Traina, agente della polizia di Stato in forze alla questura di Pavia. È il 7 del mese quando Salvatore, rientrando dal lavoro, rimane vittima di un tremendo incidente stradale. Lui non sopravvive, il figlio sedicenne Daniel, in auto con lui, ne uscirà solo dopo giorni di coma. Per la moglie del poliziotto, Lidia Bettoni, il momento è durissimo. Travolta dal lutto, con un figlio minorenne in coma e un’altra figlia di 15 anni da tirar su da sola, trova la forza di acconsentire alla donazione degli organi del marito. Due giorni dopo il gesto salva un’altra vita, quella di Maura: «Da quando ero bambina, per una rara malattia autoimmune, il mio corpo stava degenerando. Ero in attesa di una donazione di pancreas e rene, stavo morendo».
Dopo il trapianto per lei riprende, anzitutto, la gioia di vivere. E se anche la malattia non si è fermata - costringerà la donna su una sedia a rotelle - per Maura inizia una seconda vita. Ed esattamente 19 anni dopo, il 9 gennaio di quest’anno, la scledense non ce l’ha fatta a contenersi.
Il suo cuore trabocca di affetto e riconoscenza per quello sconosciuto che le ha permesso di ricominciare. Lo scrive: «Da allora per me sei Giò, il mio Giò, la mia vita. Magari i tuoi familiari non leggeranno mai questo post, ma io voglio scriverlo ugualmente. Grazie di quello che hai e che avete fatto a nome di tutti quelli che come me camminano su un filo di seta per rimanere attaccati alla vita». Invece il filo di seta si allunga, arriva a toccare la famiglia di Salvatore.
Il «grazie» di Maura viene rilanciato sulla Rete e raccolto dall’ospedale Niguarda dove erano stati trapiantati gli organi. Lì lo legge una giornalista che 19 anni fa aveva seguito la vicenda a Pavia: con grande delicatezza lo segnala alla famiglia. Così a Maura, qualche settimana fa, arriva una mail che le ferma quasi il cuore: «Buongiorno Maura, mi chiamo Muriel e ho 34 anni». È la figlia di Salvatore. «Non pensavo potesse capitare a noi una cosa così bella come quella che ha reso possibile lei pubblicando i suoi pensieri» riporta la ragazza. Muriel spiega che il gesto della vicentina la rende «orgogliosa e felice di essere la figlia del suo Giò, che in realtà si chiama Salvatore». È l’inizio di uno scambio epistolare anche con il resto della famiglia Traina. L’impiegata scledense – che è anche presidente veneta dell’onlus Aniep per i diritti dei disabili – domenica ha compiuto il grande gesto: è andata a trovare Muriel, Daniel e Lidia. «C’è un monito importante, non va cercato ossessivamente di sapere chi sono ricevente e donatore» avverte Maura, «per noi tutto è accaduto per caso, nei modi e tempi che la vita ha voluto». L’emozione, alla fine, è stata indescrivibile: «Quando sono entrata – si commuove la scledense – ho avuto una sensazione stranissima. Mi sono sentita a casa».