Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Governante impaurita e la giuria popolare del mercato dice la sua
«Sono carabinieri in borghese». A Montebello c’è il sole ed è giorno di mercato. La prima ad accorgersi del gruppetto che si muove con fare sospetto intorno alla villa dei Zonin, è una signora che sta rovistando nei cestoni della bancarella di biancheria che l’ambulante cinese sistema tutte le settimane proprio di fronte all’ingresso della tenuta settecentesca. «Stavolta lo arrestano», sibila un signore. «Macché, la donna è un ufficiale giudiziario», chiosa un altro che la sa lunga. E infatti posa a terra le borse della spesa, perché se c’è da aspettare si aspetta, pur di non perdersi lo spettacolo. «E gli altri chi sono?». «Mah...».
Se l’ufficiale giudiziario e il suo assistente sperano di passare inosservati, hanno sbagliato giorno e, soprattutto, obiettivo. A Montebello Vicentino, nessuno ha bisogno di leggere la targa sul campanello per sapere che quella è la villa in cui abitano Gianni Zonin e sua moglie. «Lavoro qui da trent’anni e le facce sono sempre le solite. Ci ho messo cinque minuti a capire che quelli non sono interessati al mercato», spiega Luigi che ha la bancarella accanto a quella del cinese. Sua moglie interviene subito: «Se ha combinato tutto quel che ho letto sui giornali, è giusto che paghi. Non è questione di vendicarsi, perché la vendetta non porta mai a niente, si tratta di Giustizia: in fondo, se io non faccio lo scontrino mi fanno 200 euro di multa...».
Il gruppetto composto dall’ufficiale giudiziario, dal suo assistente, dall’antiquario e dai due avvocati che hanno ottenuto i sequestri, sfila di fronte al bancone della frutta. Lorenzo Bertazzo stringe le spalle: «È una brutta storia, quella della Popolare. C’è gente che si è ammazzata, per aver perso i soldi».
Ormai tutti hanno capito. Si avvicinano alla porta principale, suonano il campanello. L’uomo che la sa lunga, trattiene il respiro. Ma nessuno viene ad aprire. A quel punto, il gruppo si sposta di pochi metri, verso l’ingresso della dependance. Di nuovo il campanello. E di nuovo occorre attendere. Rumore di chiavi che girano nella vecchia serratura. Si affaccia la governante, una signora straniera. Si presentano, lei cerca di rimbalzarli. Loro insistono e lei spinge sull’uscio per richiuderlo. Infine apre, il volto teso. «Che spavento!», dice portandosi la mano sul cuore. Forse anche lei, per un attimo, ha pensato si trattasse di agenti in borghese. E in effetti un carabiniere c’è, ma resta in disparte a controllare gli eventi.
La porta sbatte alle spalle dell’ufficiale giudiziario. Le casalinghe tornano a trattare sul prezzo della verdura, il cinese sistema altre mutande nel cestone. L’uomo fermo in mezzo alla strada sembra deluso, sbuffa e riprende a trascinarsi con le borse della spesa. «Spettacolo finito», dice. Ma i sequestri no: oggi si replica.