Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Fanesi, ritorno a casa e la partita in tv «Voglio che chi ha sbagliato paghi»
Il tifoso ferito ha lasciato l’ospedale dopo 117 giorni. «Grazie a tutti»
Ha visto giocare la sua Samb contro il Vicenza in televisione, a casa sua con amici, Luca Fanesi. Ma ieri sera allo stadio di San Benedetto del Tronto c’era il fratello Max, che prima dell’inizio del match è andato ad incontrare e riabbracciare alcuni ultras biancorossi che in questi mesi sono stati di grande sostegno (economico, logistico e morale) alla cognata Teresa catapultata da un momento all’altro in una nuova città, costretta ad affrontare anche il rischio di poter perdere il padre dei suoi figli.
Era al termine della partita di andata, lo scorso 5 novembre, quando fuori dallo stadio Menti Luca Fanesi è rimasto ferito in modo gravissimo, tanto da rimanere ricoverato all’ospedale San Bortolo di Vicenza per 117 giorni. Ancora cosciente per poco, il 44enne aveva riferito al medico del Suem di essere stato manganellato dalla polizia. Un episodio su cui sta facendo chiarezza la procura di Vicenza, che ha già aperto un’inchiesta e sentito diversi tifosi marchigiani e pure i poliziotti presenti, senza però ancora indagare nessuno. Quanto al tifoso, dopo due operazioni e la riabilitazione da affrontare, sta cercando di tornare alla sua vita di sempre, attorniato dall’amore di famiglia e amici. Riconoscente anche agli ultras vicentini, come spiega lui stesso.
Luca, ha incontrato gli ultras biancorossi che sono stati vicini a lei e a tutta la sua famiglia in questi mesi? Sua moglie Teresa le ha raccontato di loro?
«Sì, i miei familiari mi hanno riferito ogni cosa, so quello che hanno fatto e li ringrazio molto. Alcuni ho già avuto modo di conoscerli ma spero di poterli incontrare tutti quando starò meglio, per ringraziarli di persona».
Loro hanno detto di aver agito secondo il codice ultras: aiutare il prossimo, al di là dei colori della maglia.
«Sì, proprio così: tutto deve andare oltre ogni rivalità, oltre i muri che possono esistere tra tifoserie».
I suoi familiari ci dicono che è sempre stato un uomo forte, tenace. Ha mai pensato di non farcela a superare questo momento difficile?
«Da quando sono tornato vigile ho sempre confidato di potercela fare con l’aiuto dei miei familiari e di tutti».
Com’è stato tornare a casa dopo quattro lunghi mesi di ospedale?
«Stupendo, sono rinato. Quanto al mio ricovero volevo ringraziare i medici del san Bortolo che mi hanno seguito».
Non ricorda quanto le è successo quel 5 novembre. Ma confida che possa tornarle la memoria?
«Di quella trasferta ricordo solo l’arrivo a Vicenza con il pulmino, nulla più. Per ora la memoria non mi è tornata, no, ma spero di ricordare. Per me e per essere di aiuto alle indagini della procura».
A inizio marzo è anche stato sentito dalla Digos, che indaga su quanto è successo quella sera.
«Sì, e anche ai poliziotti ho detto che non ricordo nulla di quanto mi è accaduto fuori dallo stadio».
Confida che la procura possa ricostruire in breve tempo quanto successo e indaghi i responsabili?
«Sì, proprio così. Spero che con il prosieguo delle indagini tutto si chiarisca e che si arrivi presto a dare delle risposte, che si arrivi alla verità. Confido nella magistratura».
Se davvero, come riportato nel referto del Suem e come riferiscono alcuni testimoni, risultasse che sono stati dei poliziotti a ridurla in gravi condizioni, cosa vorrebbe dire loro?
«Vorrei solo che chi ha sbagliato pagasse. Se tutto questo venisse confermato sarebbe una cosa grave e vorrebbe dire che ci sono delle mele marce che vanno isolate, estirpate».
Allo stadio
Ieri il fratello di Luca ha incontrato gli ultras vicentini che hanno aiutato la famiglia