Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il selfie dei 74 parlamentari veneti Senato, la Casellati resta in corsa
Chi ricorda il padre, chi l’amico, chi siede già al fronte di una legislatura complicata Valbusa con il piccolo in grembo, Rotta alla finestra, Fantinati e Businarolo speranzosi
Primo giorno d’aula per pattuglia dei deputati eletti nel Veneto. Per molti di loro si trattava della prima volta in assoluto: foto e selfie di rito hanno scandito la giornata, prima che prendessero il sopravvento le tensioni tra alleati Lega e Forza Italia - sulla presidenza del Senato. Dove, dietro le quinte, resta in corsa la padovana Casellati.
Il plotone verde della Lega veneta invade Montecitorio nel giorno delle schede bianche, inizio interlocutorio della XVIII legislatura. Simbolicamente al comando Vito Comencini, 2.05 d’altezza, detto il «Corazziere del Donbass» per le sue idee filo russe. Nel maestoso transatlantico della Camera dei Deputati, la sua statura spicca nel primo giorno di scuola dei neo deputati. «Una grande emozione - dice - sento addosso il peso della responsabilità per soddisfare le aspettative della gente che ci ha votato». E recita il “Vangelo padano”, fatto di territorio, lotta all’immigrazione e taglio delle tasse.
Un mantra per i veneti del Carroccio, siano essi veronesi, vicentini o trevigiani. Basta chiedere e loro recitano il verbo salviniano, veri e propri juke box ma funzionanti anche senza monetine. Ci pensa Alvise Maniero, primo ex sindaco grillino ad approdare a Montecitorio, a mettere un po’ di pepe su quella che potrebbe essere un’intesa di governo (Lega-Cinque Stelle) a Roma e che invece - in Veneto - è una vera e propria rivalità: «Ma non mi venite a dire tuona l’ex primo cittadino di Mira - che nella nostra regione il voto alla Lega è un voto di protesta. La Valdastico è costruita su una striscia di rifiuti, idem la Pedemontana, c’è stato lo scandalo Pfas, quello delle ex Popolari venete. Per non parlare del Mose. Tutto questo nel silenzio totale della Lega. E Zaia dov’era? Detto questo, se noi siamo al 25% in Veneto significa che il nostro messaggio non è arrivato come avrebbe dovuto. Bisogna lavorare ancora e io sono in Parlamento anche per questo, per contribuire, con umiltà, a cambiare anche quella parte di Paese, come il Veneto, che ancora non ci segue come vorremmo».
Il terzo incomodo è il Pd, che ha perso in Veneto (ma questa non è una notizia) e ha perso in Italia dopo aver governato per cinque anni. «Ora vedremo - dice Roger De Menech - se il centrodestra e i grillini smetteranno di fare campagna elettorale e si assumeranno le responsabilità che nel 2013, pur non avendo vinto, noi democratici ci siamo assunti».
Le schermaglie politiche sono sempre aperte. Ma il primo giorno da deputati suscita anche emozioni particolari, uniche. Come nel caso di Nicola Pellicani, onorevole piddino, dal 2015 consigliere comunale a Venezia: «Quando sono entrato in aula - racconta commosso - il mio primo pensiero è andato a mio padre Gianni, parlamentare per cinque legislature tra gli anni Settanta e Novanta. È mancato più di un decennio fa, ma credo che se sono qui lo devo anche a lui, a quello che mi ha insegnato, all’educazione che mi ha dato e alla libertà di pensare che mi ha raccomandato. Il secondo è stato per i padri della Patria, che su questi scranni dove adesso mi siedo io hanno fatto la storia del Paese».
È emozionata anche Vania Valbusa, leghista di Valeggio sul Mincio, la patria veronese del tortellino. «Ci ho messo 31 anni, che non sono poi tanti, per arrivare qui - dice - ma c’è qualcuna che mi ha battuta. Sono incinta, e Anna (o Elena) ci ha messo neanche sei mesi per entrare a Montecitorio. Un giorno speciale, per me è per lei. Un giorno che dedico alla Lega, il mio partito, quello per il quale cercherò di svolgere al meglio il mio mandato».
Fratelli d’Italia manda in campo il veronese Ciro Maschio e il bellunese, sindaco di Calalzo, Luca De Carlo: «Il mio primo pensiero - dice il presidente del Consiglio comunale di Verona - va a Nicola Pasetto (deputato veronese scomparso in un tragico incidente stradale a marzo del 1997, ndr). Ho iniziato a fare politica trent’anni fa nel garage di casa sua e se adesso sono in Parlamento lo devo alla passione per la politica che lui mi ha trasmesso».
Tra un conteggio e l’altro, ha invece creduto di non avercela fatta il sindaco del paese di FdI al 35 per cento: «Il mio sogno - rivela - era fare il primo cittadino. Essere un parlamentare mi emoziona, ma non tanto quanto mi sono seduto per la prima volta sullo scranno più alto del mio consiglio comunale. La fascia tricolore continuerò a indossarla fino a fine mandato, nel 2019. E poi... Non è detto che non mi ricandidi».
La pattuglia di forzisti è arrabbiata. I grillini che non vogliono parlare con Silvio Berlusconi fanno infuriare Davide Bendinelli. «Hanno perso l’occasione - dice - di parlare con una persona che ha dimostrato di essere più intelligente di loro». E mentre Piergiorgio Cortelazzo si dichiara «lusingato e orgoglioso di
Nicola Pellicani (Pd) Quando sono entrato il primo pensiero è andato a mio padre Gianni, parlamentare per cinque legislature. Il secondo per i padri della Patria Luca De Carlo (FdI) Il mio sogno era fare il primo cittadino. Essere un parlamentare mi emoziona, ma non tanto quanto mi sono seduto in Consiglio comunale
poter rappresentare in Parlamento il nostro Veneto», la sciabolata vera e propria la mette a segno l’olimpionico Luca Marin: «Il nostro leader è Berlusconi e mi fermo qui», la sua dichiarazione nel primo pomeriggio. Quasi si sentisse che al Senato la Lega avrebbe poi strappato, votando Annamaria Bernini e non Paolo Romani come indicato dal leader azzurro.
L’aria si fa tesa. Tra i corridoi di Montecitorio si confabula intensamente. Crocchi qui, crocchi là. Passa Luigi Di Maio e i pentastellati non hanno dubbi. «Ce la farà - dicono Francesca Businarolo e Mattia Fantinati - perché siamo il primo partito in Italia è il mandato degli elettori nei nostri confronti è chiarissimo. Sono cambiate le prospettive, ora siamo pronti per governare visto che alla Camera rappresentiamo il 36 per cento dei seggi. È un Nazareno-bis non lo vogliamo proprio». Alessia Rotta sente e assicura: «Noi stiamo alla finestra».
La legislatura è cominciata, i punti fermi sono pochi. Oggi è un altro giorno e si vedrà.