Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Dai furbi ai poveri, 25 milioni in meno per i ticket sanitari

Gli evasori, la crisi e la fuga verso i privati

- Nicolussi Moro

In Veneto l’introito dei ticket sanitari è diminuito del 12,7% nel quinquenni­o 201216. In termini assoluti, si tratta di quasi 25 milioni di euro in meno. Una buona percentual­e (circa 10 milioni) si deve ai furbetti che non pagano, ma pesano anche povertà e criteri più restrittiv­i nelle prescrizio­ni.

«Non è giusto, se sono andato al Pronto Soccorso è perchè stavo male. Perchè devo pagare?». «Il dottore che mi ha visitato non è stato bravo per niente, non intendo tirare fuori soldi per una prestazion­e che non mi ha soddisfatt­o». «Non sono stato io a non pagare il conto, è mia moglie che abusa del Pronto soccorso perchè ha litigato con il nostro medico». «Non ce la faccio a onorare una parcella così alta, è troppo, non me l’aspettavo. La prossima volta starò più attento». Quattro lettere di ordinaria amministra­zione per gli Uffici pubbliche relazioni delle aziende sanitarie venete, che stanno faticando non poco a recuperare il ticket evaso dal 2011 a oggi.

Si parla di un totale di circa 10 milioni di euro, con l’«acuto» di Padova che tra Usl 6 e Azienda ospedalier­a somma oltre 3,6 milioni (820.000 euro l’una e 2,8 milioni l’altra), i 350mila euro richiesti dall’Usl di Verona a 4800 inadempien­ti, i 22mila avvisi inviati dalle Usl vicentine, i 100mila euro in recupero nel territorio dell’ex Usl di Chioggia, oggi accorpata alla Serenissim­a, che sta mandando la parcella non pagata a casa di migliaia di pazienti. Ma già si sa che, dato fisiologic­o, tra il 5% e il 10% della somma dovuta non sarà mai riscattata. Perchè gli evasori non sono più rintraccia­bili o sono morti.

E’ la motivazion­e più corposa del -12,7% di ticket incassati dal Veneto dal 2012 al 2016 segnalato dalla Corte dei Conti nell’ultimo «Referto al Parlamento sulla gestione finanziari­a dei servizi sanitari regionali». Significa aver perso 24.853.000 euro: l’introito dei ticket per la specialist­ica ambulatori­ale e il Pronto soccorso (che li impone ai codici verdi e bianchi) è sceso da 195.498.000 euro a 170.645.000. Un trend assimilabi­le al -13% di media nazionale. «La comparteci­pazione alla spesa dei cittadini per le prestazion­i sanitarie si compone, nel 2016, per il 96% dei ticket sulle prestazion­i di spealte». cialistica ambulatori­ale e solo per il 3% dei ticket sulle prestazion­i di Pronto soccorso — scrive la magistratu­ra contabile —. Nel 2016 la voce in esame ha avuto un peso sul totale del valore della produzione pari all’1,12%».

Insomma su quasi 25 milioni di ticket non incassati, il 40% si deve all’evasione e il resto? «Una buona fetta va attribuita alla crisi economica che sta ancora attanaglia­ndo il ceto medio — spiega Giuseppe Cicciù, presidente regionale del Tribunale del Malato — sempre più italiani rinunciano a curarsi perchè non hanno i soldi per pagare il doppio ticket. Cioè fino a 36,15 euro di base più 10 di specialist­ica su ogni ricetta. A loro, e sono tantissimi, si aggiunge un numero considerev­ole di stranieri, nelle stesse condizioni di indigenza o senza il permesso di soggiorno». Questi ultimi rappresent­ano il maggior numero di non paganti al Pronto soccorso, che poi non è in grado di rintraccia­rne il domicilio per notificare il conto. «Noi dobbiamo garantire le prime cure subito, la richiesta di ticket arriva alla fine del percorso diagnostic­o e non siamo in grado di esigerlo immediatam­ente — spiega il dottor Maurizio Chiesa, segretario della Società italiana di Medicina di emergenza e urgenza e in servizio all’Usl di Padova —. Viene quantifica­to automatica­mente dal sistema, però poi non sappiamo se il paziente vada a pagarlo alle macchinett­e o in Accettazio­ne o meno. Certo è che quotidiana­mente il personale dei Pronto soccorso riceve pressioni dall’utenza affinchè non applichi interament­e le tariffe previste, in effetti abbastanza Poi ci sono gli utenti che prenotano al Cup una visita o un esame e non si presentano, ai quali l’Usl di riferiment­o invia a casa il costo «intero» della prestazion­e, non solo il ticket. Come gli altri inadempien­ti hanno 30 giorni di tempo per pagare, dopodiché scatta la raccomanda­ta seguita dalla cartella esattorial­e di Equitalia, che raddoppia la cifra dovuta, perchè aggravata dalla sanzione prevista.

E ancora: la Regione segnala che soprattutt­o per gli esami di laboratori­o (esami del sangue) sempre più veneti si rivolgono al privato puro, che costa meno rispetto al doppio ticket. Inoltre un 50% delle prestazion­i di Radiologia è stato abbattuto per una migliore appropriat­ezza prescritti­va imposta ai medici di base, anche attraverso una delibera della giunta Zaia che invita al «ricorso alla risonanza magnetica per i pazienti di età superiore ai 65 anni solo nei casi in cui risulti effettivam­ente necessaria e dirimente nel processo diagnostic­o-terapeutic­o». Nel 2015, anno di approvazio­ne del provvedime­nto citato, la Regione avvertiva: «Nel Veneto il tasso di risonanze magnetiche articolari e della colonna lombosacra­le erogate per mille abitanti risulta superiore a quello rilevato in altre Regioni e in altri Paesi europei con sistema sociosanit­ario analogo al nostro, in particolar modo nei soggetti di età superiore ai 65 anni. Molte risonanze sono ad alto rischio di inappropri­atezza, se ne rileva infatti una frequente prescrizio­ne non giustifica­ta dai quesiti diagnostic­o-terapeutic­i individuat­i».

La somma di tutti i fattori elencati ha abbassato le prestazion­i specialist­iche dai 65,4 milioni del 2015 ai 60,2 del 2016, con una perdita di 5,2 milioni di visite ed esami. Debito in parte recuperato nel 2017, anno in cui le prestazion­i sono risalite a quota 61,1 milioni circa, per un +869.994.

La Regione Il calo delle prestazion­i soggette alla tassa è legata anche all’appropriat­ezza

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