Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
LA REGIONE HA DATO LA BUSSOLA AI SINDACI
Unioni (e fusioni) di Comuni, noi programmiamo: i problemi li ha creati Roma cambiando continuamente le leggi
Sindaci senza bussola, come denunciava Gigi Copiello nell’edizione di ieri del Corriere del Veneto? La sintesi giornalistica gli ha impedito di ricordare che la Regione del Veneto aveva avviato i processi di aggregazione e organizzazione del territorio in ambiti ottimali, vuoi con la Legge 18 del 27 aprile 2012 «Disciplina dell’esercizio associato di Funzioni e servizi comunali», vuoi con il piano di Riordino Territoriale varato nel 2013 e ora in fase di revisione alla luce delle ultime normative nazionali. Entrambe le iniziative recavano la mia firma come estensore ed erano state elaborate attraverso una forte compartecipazione degli enti locali, Anci, Uncem, associazioni di categorie, Camere di Commercio e attori sociali, con il supporto di centri studi e università. La metodologia di lavoro, per molti aspetti innovativa, portò ad un percorso non imposto dall’alto ma deciso dal basso e condiviso: l’esatto contrario della mancanza di bussola lamentata da Copiello. Le norme regionali derivavera vano da precise disposizioni nazionali vincolanti e in Veneto miravano a superare la frammentazione istituzionale garantendo semplificazione e razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni con abbattimento di costi attraverso servizi condivisi in ambiti ottimali. Inoltre, il processo favoriva le fusioni e Unioni di Comuni. L’obiettivo era quello di giungere a passare dagli oltre 570 comuni a 150 aggregando i centri minori: attualmente sono 190 i comuni sotto i 5 mila abitanti e quelli sotto i 3 mila abitanti sono circa il 20% del totale, ma rappresentano il 45% del territorio veneto.
Ci sono stati fattori imprevisti che hanno rallentato quella che si presentava come e propria rivoluzione. Innanzitutto una serie di provvedimento governativi, ad iniziare da quelli che nei fatti hanno dilatato nel tempo l’obbligatorietà dei servizi in forma associata per le funzioni fondamentali. Non parliamo poi del disastro della riforma delle Provincie, che ha creato veramente molti problemi. Non sono i sindaci ad essere senza bussola e la regione priva di obiettivi: i governi Monti, Renzi e Gentiloni hanno scompigliato il quadro. Ciò non di meno le Unioni di Comuni in Veneto sono arrivate a 43 e coinvolgono 225 Comuni per un totale di 1.152.724 abitanti.
Diverso, e contrastante, lo scenario delle fusioni. A partire dal 1994 con Porto Viro e Due Carrare nel 1995, l’esperienza è poi proseguita con Quero Vas (2013), Longarone (2014), Alpago (2016), Val di Zoldo (2016) e Val Liona (2017), Barbarano-Mossano (2018), Borgo Veneto (2018) mentre è in corso la procedura che porterà al referendum per i Comuni di Frassinelle e Polesella in provincia di Rovigo. Non sono mancate forti resistenze alle fusioni dei Comuni: limitandoci a casi recentissimi con le consultazioni referendarie tenute a dicembre 2017 e gennaio 2018, in 9 casi i cittadini hanno rigettato ogni ipotesi di fusione. Il fenomeno non era nuovo del resto: analoghe resistenze si registrarono in Polesine nel febbraio del 2014.
Insomma, le amministrazioni locali non sono senza bussola. Se il legislatore nazionale non muta ulteriormente lo scenario, la Regione è pronta tanto che sta riaggiornando il Piano di Riordino territoriale alla luce delle nuove leggi. E speriamo che anche queste non cambino all’improvviso.
Le Unioni di Comuni in Veneto sono arrivate a 43 e coinvolgono 225 Comuni per un totale di 1 milione 152.724 abitanti