Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Sfmr, indaga la Corte dei conti
L’opera incompiuta Dopo il caso dell’Idrovia, nel mirino il grande progetto della metropolitana veneta mai realizzato Opera addio dopo un miliardo di spesa, la procura passa al setaccio trent’anni di carte
Sfmr incompiuta e accantonata. VENEZIA La procura della Corte dei Conti di Venezia ha aperto un’inchiesta sul progetto del Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale. Opera concepita sul finire degli anni Ottanta e mai portata a termine, che finora ha assorbito oltre un miliardo di euro di contribuzione pubblica. La decisione dei magistrati contabili arriva dopo che la Regione, preso atto dell’obsolescenza dei piani iniziali, ha deciso di sospendere tutto.
La procura della Corte VENEZIA dei Conti di Venezia ha aperto un’inchiesta sul progetto dell’«Sfmr», cioè il Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale. Opera concepita sul finire degli anni Ottanta e mai portata a termine, che finora ha assorbito oltre un miliardo di euro di contribuzione pubblica. La notizia è trapelata ieri, all’indomani della pubblicazione della notizia che la Regione Veneto, preso atto dell’obsolescenza dei piani iniziali, nonché della loro eccessiva onerosità (il piano originale considerava un finanziamento complessivo di 5,9 miliardi di euro), ha deciso di stracciare il vecchio progetto e di rimetterlo nelle mani di Rfi (società del gruppo Ferrovie dello Stato), sostanzialmente ridotto: da 5,9 miliardi a 400 milioni di euro.
La magistratura contabile vuole chiarire in sostanza se, a fronte di un simile epilogo, si possano individuare responsabilità di sorta. Ovvero: se ci sia stato, alla fonte, un problema di progettazione (errata pianificazione, sottostimata dimensione delle opere, etc); oppure se ci siano state irregolarità nell’esecuzione dei lavori (sprechi di danaro, esplosione dei costi).
Più facile a dirsi che a farsi, ovviamente. Perché un simile intento richiede nella sostanza di mettere sotto la lente oltre trent’anni di storia politica. E non solo veneta. Impresa titanica, come si può intuire (che fa il paio con quella intrapresa sempre dalla Corte dei Conti l’anno scorso, quando venne aperta l’inchiesta sull’Idrovia Padova-Venezia, l’altra mega infrastruttura rimasta incompiuta). Si pensi solo, per esempio, che dal 1988 — anno in cui venne firmato il protocollo di intesa tra Regione, Ferrovie dello Stato e Ministero dei Trasporti «per l’adeguamento a standard metropolitano delle linee ferroviarie e dei nodi di interscambio per un efficiente sistema integrato di trasporto pubblico», che viene considerato il primo atto ufficiale dell’Sfmr — ad oggi si sono succeduti sette presidenti di Regione: dal doroteo Carlo Bernini, che fu il primo, all’attuale Luca Zaia, leghista. E ben 18 ministri dei Trasporti: dal democristiano Calogero Mannino al democratico Graziano Delrio. Insomma, a chi imputare il fallimento o gli sprechi?
L’attuale assessore regionale ai Trasporti, Elisa De Berti, la sua idea per esempio ce l’ha ben chiara: «Il metrò del Veneto è stato ideato 30 anni fa, quando le risorse pubbliche erano illimitate — ha dichiarato nei giorni scorsi — Quei 6 miliardi sono figli della Prima Repubblica. Quindi se arriviamo con 28 anni di ritardo la colpa non è mia nè di Zaia, ma dei tagli della finanza pubblica. Ora è giusto voltare pagina e i progetti verranno riassegnati a Rfi». Resta tuttavia il quadro desolante. Cioè quello di un sogno ambizioso — unire la «Patreve», l’area metropolitana Padova-Treviso-Venezia attraverso una rete di trasporto veloce, ad elevata frequenza e con un orario cadenzato —, svanito nel nulla.
O quasi nel nulla. Perché appunto qualche segno del vecchio progetto si può ancora vedere: i passaggi a livello eliminati (66 su 407 preventivati), le nuove stazioni (9 su 37), l’adeguamento delle fermate (22 su 167), l’acquisto di nuovi treni (66 su 407). Che sono poi le opere fatte con quel miliardo di euro finora messo sul piatto e sul quale si concentrerà la Corte dei Conti. Intanto, dunque, passa tutto nelle mani di Rfi, che nei prossimi 4-5 anni, con i 400 milioni di euro della Regione, raddoppierà la Maerne-Castelfranco, costruirà un ponte sul Brenta e eliminerà altri passaggi a livello. Che, certo, è un’altra cosa rispetto a quel progetto tutto paillettes e debito pubblico degli anni ‘80.