Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Ress, l’ultimo tiro a giugno Si ritira «mister scudetto»
Il post carriera Vorrei restare a Venezia sempre nell’ambiente: qui mi trovo benissimo, è la mia prima scelta
Mille volte ha stretto i VENEZIA denti. Ha giocato con una spalla fratturata, ha segnato canestri impossibili anche con il collo rigido e dopo un’operazione che avrebbe fermato chiunque.
Non lui. Non Tomas Ress che a 36 anni si è preso il lusso di rientrare dall’ultimo infortunio e vincere l’ennesimo scudetto di una carriera straordinaria. Ma adesso deve dire basta. «Non sto bene da alcuni mesi, la decisione è venuta abbastanza facile. Se senti dolore anche quando stai fuori dalla pallacanestro non è bello». Quel dolore, dovuto a un’artrosi all’anca, porterà il capitano dell’Umana Reyer a congedarsi dal basket giocato a giugno, stringendo i denti una volta di più in questi ultimi due mesi. I più importanti della stagione, tra semifinale di Europe Cup e play off scudetto da giocare con il tricolore cucito sul petto. E magari da bissare. Perché è vero che la carriera di Tomas Ress brilla molto per quei sei scudetti vinti a Siena, cui aggiungere il primo ottenuto da giovanissimo a Bologna con la Virtus. Ma c’è da dire che a risplendere della luce riflessa del capitano è più di tutti l’ultimo, quello di Venezia. Nel trionfo del 20 giugno 2017 c’è il suo marchio di fabbrica, fatto di mentalità vincente ed etica del lavoro.
Arrivato alla Reyer nel 2014, dopo la chiusura del ciclo trionfale della Montepaschi, purtroppo con i noti strascichi giudiziari che hanno fatto tramontare la società senese, Ress fin dal primo giorno ha lavorato per portare in laguna quella mentalità vincente costruita tra Pesaro, Reggio, Bologna e Siena. Mentalità che fa il paio con l’etica del lavoro imparata negli Usa, in uno di quei college americani dove studio e basket viaggiano alla medesima velocità. Da Salorno, paesino dell’Alto Adige famoso più per i vigneti che per i monti, Tomas è partito 20 anni fa, grazie all’intuizione del padre che aveva ben compreso il talento dei figli (la sorella Kathrin, centro del Famila Schio, vanta una carriera altrettanto carica di trofei), accompagnandoli a sottoporsi ai provini delle principali società. «Per 20 anni — ricorda — ho fatto quello che più mi piaceva: giocare a basket. Non penso che questa fortuna sia capitata a tutti», dice ora quasi per consolarsi dell’imminente addio. «Dopo l’operazione al collo ero stato bene, ma da qualche tempo soffro di artrosi all’anca e mi sta limitando non poco».
Giocare sul dolore non è mai stato un problema per Ress, ma quando la misura è colma non c’è alternativa: «L’ho presa serenamente. Ho chiesto il parere ai medici e ho preso la decisione. L’ho comunicata allo staff tecnico e alla squadra tre settimane fa». Il tempo di metabolizzare e adesso è arrivato l’annuncio. «Ma non mi tiro indietro, pur giocando poco, Walter (De Raffaele, ndr) sa che può contare su di me». Anche lo scorso anno, dopo l’operazione al collo, il capitano era “gestito” in campo col contagocce. Ma quando c’è stato bisogno di dare la scossa ai compagni, la scelta del tecnico è sempre caduta su di lui e Tomas, il capitano-guerriero, non ha mai deluso. Il futuro potrebbe essere ancora in orogranata, forse da coach, più probabilmente da dirigente. Ress sta già frequentando il corso per diventare allenatore e non nasconde il desiderio di rimanere a Venezia.
«E’ la mia prima scelta, qui mi trovo bene». Ma intanto c’è da soffrire ancora qualche settimana. E magari accompagnare Venezia verso un’altra cavalcata trionfale. «Non mi tiro indietro. La stagione non è finita per la Reyer, non lo è nemmeno per me». Parola di Tomas Ress.