Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Ex popolari, Sga ancora ferma Bonomo: «Allarme sui piccoli fidi» Natale in Veneto. E Bankitalia «smonta» il salvataggio dei fondi americani
Pronti, partenza, stop. La due diligence che fissa il perimetro definitivo dei crediti ceduti a Intesa, compresi quelli ad alto rischio, è chiusa da dicembre e le modifiche del contratto originario tra Intesa e le liquidazioni sono state firmate a gennaio. Il decreto di trasferimento è stato firmato ancora il 23 febbraio dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ed è andato e già tornato dalla Corte dei conti, con il visto, a inizio marzo. Tutto pronto per trasferire i 18 miliardi di crediti deteriorati e in sofferenza di Bpvi e Veneto Banca alla Sga, la società di gestione nata per gestire la liquidazione del Banco di Napoli e ora del Tesoro, che dovrà attuarne il recupero paziente? Macché. Un altro mese è già passato invano, con le aziende in difficoltà, ma che potrebbero tornare in bonis, ancora nel limbo. Almeno 25 mila che potrebbero tornare in bonis ma che attendono da dieci mesi che si definisca il quadro operativo. Con il rischio che la situazione scivoli irrimediabilmente in sofferenza.
Nel frattempo la Sga manda avanti le attività preliminari. Le assunzioni di personale avanzano, i 70 addetti originari sono diventati 140 con i colleghi in distacco per un anno da Veneto Banca e Bpvi, attivi anche nelle ex sedi centrali delle due popolari, e arriveranno a 230 entro poco tempo. E le attività preliminari, come le lettere che raggiungere aziende e privati titolari dei crediti, si preparano.
«Sapevamo che tra il decreto e l’avvio di Sga ci sarebbe voluto tempo. Che però ora si sta protraendo all’infinito: così è un’agonia», torna a sollevare il problema il leader regionale di Confartigianato, Agostino Bonomo, da mesi il più attivo su questo fronte. Bonomo dà anche un’interpretazione di quanto accade: «Da quel che ci risulta il problema che ancora blocca il trasferimento dei crediti e l’avvio della gestione di Sga è il contratto che le due liquidazioni hanno definito proprio con la società del Tesoro, a valle del decreto. E che le Lca hanno mandato al ministero per avere un confronto, visto che in ballo ci sono aspetti legati alle risorse di cui è dotata Sga e le spese che potrà sostenere». I tempi si stanno prolungando, nel clima d’incertezza che circonda il passaggio di consegne del governo. Anche se, dopo i ritardi, questa settimana viene data come quella buona per chiudere il contratto.
Ma gli artigiani confermano un’ulteriore complicazione sulla strada della gestione dei crediti: «Sga si troverà con migliaia di operazioni di taglia sotto i ventimila euro - aggiunge Bonomo -. Servono personale e risorse per seguirle una per una, evitando soluzioni di massa». Detto altrimenti, per costruire davvero una gestione su misura, evitando la soluzione generalizzata di mettere a rientro i crediti.
Anche per questo i vertici di Sga, guidati dall’amministratore delegato Marina Natale, sono attesi in Veneto già questo mese, subito dopo l’avvio operativo. «Per discutere della collaborazione con il fondo d’investimento per sostenere il ritorno in bonis delle aziende lanciato da Veneto Sviluppo e dall’ex presidente di Bpvi, Gianni Mion - dice Bonomo - . Sul fronte invece delle aziende di minor dimensione noi ci mettiamo a disposizione per definire soluzioni operative con le nostre società di servizio».
Al di fuori del perimetro delle liquidazioni e della Sga, gli artigiani sono poi preoccupati anche per le posizioni (sessantamila in tutto) dei prestiti in bonis ad alto rischio, che Intesa ha mantenuto ma che potrà retrocedere alle liquidazioni. Dice Bonomo: «Vediamo parecchie operazioni in cui la cosiddetta novazione del fido, che precluderebbe la retrocessione alla liquidazione, non va avanti, mentre Intesa proroga la scadenza. Situazioni che potrebbero nascondere problemi e che ci preoccupano».
Intanto, sul fronte del passato, Bankitalia ieri sera ha replicato alla trasmissione Report dell’altra sera che ha fatto riferimento all’offerta in extremis, l’anno scorso, di quattro fondi specializzati nella ristrutturazione, tra cui Cerberus, Varde e Attestor, che avrebbe evitato la liquidazione delle venete, alleggerendo di molto l’impegno di fondi statali. «Degli 1,6 miliardi di intervento ipotizzato dai fondi solo 300 milioni erano di capitale di miglior qualità, necessario a ripianare le perdite riviste in rialzo rispetto al miliardo iniziale. Il resto erano prestiti molto onerosi». Morale: il piano fu scartato anche dalla Ue.