Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
LA RIPRESA E IL PIL SOCIALE
Il «Festival Città Impresa» di Vicenza che si inaugura domani - si presenta con dati e un certo ottimismo: il tema al centro dei tre giorni di eventi è proprio «La ripresa dei distretti e il triangolo industriale». In pochissime parole ci sta un concetto che sembrava lontano nel tempo, impallidito, confinato al passato felice del «piccolo è bello». Ed invece il passato ritorna e si ripresenta ancora una volta felice. Perché si riaffaccia la ripresa, che parte dai distretti produttivi e ridisegna la geografia economica. Ribattezzando il triangolo industriale, che non è più quello classico del nord-ovest bensì quello tra Veneto, Lombardia ed Emilia: ovvero tra Milano, Bologna e Padova. Che sia questo, oggi, il triangolo della ripresa lo dice un dato molto empirico: il traffico dei camion sulle autostrade è in consistente crescita proprio sugli assi viari del nord-est (il 60 per cento in più rispetto al nord-ovest, stima la Cgia di Mestre), marcando una indubbia ripresa della mobilità delle merci e dei servizi che mette insieme logistica, filiere produttive e catene internazionali della fornitura. Però la ripresa non deve chiudersi nei numeri dei bilanci aziendali o delle statistiche macroeconomiche; non deve cioè essere «bella senz’anima», come cantava Cocciante negli anni Settanta. L’anima della ripresa deve stare proprio nella sua capacità di liberare: liberare dal bisogno, dalle disuguaglianze, dalle insicurezze, dalle paure del presente e del futuro.
La ripresa ci fa uscire da una lunga crisi che ha sgretolato anche la coesione sociale, come ha calcolato uno studio sui 28 paesi dell’Unione europea. Il fatto è che i vari indici utilizzati per misurare il desiderio di cooperare tra le nazioni e tra i cittadini sono particolarmente peggiorati tra il 2007 ed il 2017 per tre paesi europei tra cui – purtroppo – c’è anche l’Italia.
E a proposito delle conseguenze velenose della crisi in Italia tra il 2006 ed il 2016 il rischio di povertà o di esclusione sociale è cresciuto di più di quattro punti percentuali passando dal 25,9 per cento al 30 per cento, con punte socialmente astronomiche in certe regioni del sud (in cui il reddito di cittadinanza generosamente sventolato in campagna elettorale ha portato di conseguenza ad attese quasi messianiche). Ma anche in Veneto siamo passati in dieci anni dal 16 per cento al 17,9 per cento, cifre inferiori alla media del paese ma comunque preoccupanti.
La ripresa allora serve anche a questo: a distribuire un buon dividendo sociale fatto di sicurezza, uguaglianza, opportunità, coesione. Perché una società ingiusta e rancorosa – come la chiama il Censis – ha finalmente bisogno di liberare speranze, energie, progetti e sogni da troppo tempo chiusi nel cassetto buio di una crisi lunga.
Ecco perché una ripresa «bella senz’anima» oggi non ci può assolutamente bastare.