Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Addio al filologo Bellomo Una vita per Dante e la lettura
verso varie università italiane – Trento, Roma – fino alla chiamata alla cattedra cafoscarina di Filologia italiana, e a vari incarichi di direzione e coordinamento nell’ateneo cui era affettuosamente legato, Bellomo ha dedicato quasi intera la sua cospicua esperienza di ricerca all’opera di Dante Alighieri, di cui è stato profondo conoscitore e interprete acuto. Autori non meno grandi, come Petrarca e Boccaccio, o più oscuri come Guido da Pisa, sono stati per lui satelliti o diversivi rispetto al ritorno assiduo al poeta di Beatrice, vero centro di gravità della sua passione di lettura, rimasta fresca e coinvolgente come era il suo modo di parlare, di spiegare. Di vivere.
Poco noti al grande pubblico, ma punti di riferimento per chiunque studi approfonditamente il poeta italiano più conosciuto ovunque, i suoi studi sui primi lettori della Commedia sono sfociati nell’edizione di alcuni tra i più importanti tra essi e in
un Dizionario dei commentatori
danteschi pubblicato nel 2004. Ma a cinque anni fa risale il contributo più impegnativo e più giustamente famoso anche tra i profani: il commento all’Inferno, pubblicato tra i nuovi classici italiani annotati di Einaudi, e destinato a rimanere una simbolica inaugurazione della lettura che l’Italia di questo secolo darà della prima cantica della Commedia che chiamiamo divina. A quel volume, che può leggere con profitto chiunque voglia avvicinarsi a Dante, avrebbero dovuto seguire il Purgatorio e il Paradiso.
Segno tangibile della passione di Bellomo per l’insegnamento e per la trasmissione alle giovani generazioni dell’amore per la poesia antica e per una lettura lenta, accurata e riflessiva qual è per definizione quella del critico, è poi un manuale di Filologia e critica dantesca a cui teneva più che a tanti suoi altri lavori per iniziati: pensato per la pratica universitaria e rivolto ai molti che ancora sanno appassionarsi a quelle parole senza tempo.
Le abbondanti benemerenze accademiche e scientifiche, però, non dicono quasi nulla della luminosa energia umana di Saverio Bellomo, della sua vitalità sana e gentile, di un’eleganza di tratti, di modi e di parole che non andava mai disgiunta da un temperato rigore. Sono anche queste rare doti, combinate in una signorilità inimitabile, ad aver conquistato varie generazioni di studenti e suscitato ovunque l’ammirazione di colleghi e collaboratori. In molti si raccoglieranno attorno alla moglie Paola e al figlio Leonardo per l’ultimo saluto, che nessuno si aspettava di dovergli rendere così presto, sabato prossimo, alle 10, nell’Auditorium Santa Margherita della sua università. Siamo giusto nei giorni dell’anno in cui Dante dichiarava avvenuta la sua discesa nel mondo di là.