Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
LA CHIESA E LA SFIDA A NORDEST
Sarà una coincidenza, ma è altamente simbolico il fatto che proprio nella regione dove 1 elettore su 3 ha scelto Matteo Salvini e la sua Lega «sovranista», questa settimana (ad Abano Terme) si incontrino per l’assise nazionale oltre 500 rappresentanti della Caritas provenienti da ogni parte d’Italia. Quattro giorni in cui, sotto la regia di due uomini vicinissimi a papa Francesco - il cardinale Bassetti, presidente della Cei, e il cardinale Montenegro, conosciuto come «il vescovo di Lampedusa» -, preti, volontari e operatori della Caritas, l’ente cattolico più impegnato sul fronte caldo e impegnativo dell’accoglienza dei migranti, si ritrovano per discutere del proprio ruolo in un’Italia diventata giallo (M5S) e verde (Lega), così come uscita dalle urne del 4 marzo marzo. Due partiti che hanno fatto del rifiuto della posizione dei precedenti governi a guida Pd (sopratutto la Lega) un loro mantra. E guarda caso il tema dell’immigrazione è centrale nella convention veneta: nel programma dell’assise Caritas compare in bella la visione del film di Andrea Segre «L’ordine delle cose», considerato da chi sostiene la visione dell’accoglienza una sorta di manifesto politico, vista la sua impronta umanista imperniata non sulla sicurezza come parola chiave, bensì sull’umanità di ciascuno che il movimento migratorio interpella. Un tema, quello degli immigrati, che ha pesato in maniera decisiva nella scelta degli elettori veneti.
La campagna elettorale di Salvini, le cui posizioni sono state ribadite anche nelle consultazioni con Mattarella in questi giorni, ha ripetuto come un refrain il contrasto all’immigrazione clandestina quale punto irrinunciabile. Eccoci dunque ad un paradosso che diventa notizia. Uno dei movimenti sociali (Caritas) più distanti dal credo politico che più è diffuso in Veneto (Lega) celebra proprio in questa regione il suo momento associativo più importante. Vorrà dire pur qualcosa. Probabilmente in filigrana a questa scelta c’è anche un dato comparso da qualche mese nelle scelte della Chiesa italiana, ovvero la consapevolezza che un filo del dialogo andrà pur ripreso anche con quella parte d’italiani (e di veneti, a maggior ragione) che si è manifestata in maniera così netta contro le posizioni della Chiesa in tema di migrazioni, ad esempio con il triplice invito di papa Francesco: accogliere, proteggere, integrare. Non si può bollare frettolosamente un consenso popolare così alto come meramente «razzista», pare essere il ragionamento della gerarchia. Il filo andrà ripreso sotto diversi punti di vista. Uno dei primi è quello culturale e informativo. Bene fa la diocesi di Padova, ad esempio, a cercare di informare i fedeli delle parrocchie sui numeri reali del fenomeno migratorio nel proprio territorio: la percezione dice che arrivano orde di musulmani, i dati ufficiale affermano invece che il 50% degli stranieri sono di religione cristiana. I profughi, ovvero i richiedenti asilo, sono solo il 3% dei 110mila immigrati censiti nel Padovano: il restante 97% è qui per lavoro, studio o ricongiungimenti famigliari. Bene fanno le diocesi - proprio grazie al lavoro di Caritas - a scegliere la micro-accoglienza dei migranti, molto più sostenibili e popolarmente più accettabili dei Cara, dove la compresenza di migliaia di stranieri ingenera tensioni sociali e problematiche di sicurezza. La Chiesa ha sempre svolto un ruolo sociale importante in Veneto, soprattutto in momenti difficili: nelle canoniche sono nate le banche di credito cooperativo, il volontariato ha supplito laddove la politica non riusciva ad arrivare, il welfare di associazioni e gruppi cattolici è un dato incontrovertibile. Ora che il «cambiamento d’epoca» in cui viviamo (Francesco dixit) ci pone davanti la sfida di una società multietnica, la voce del cattolicesimo sociale deve trovare un nuovo spartito per farsi ascoltare nel Veneto leghista a trazione sovranista. Lorenzo Fazzini