Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Allergie, l’Arpav crea il semaforo dei pollini

L’Arpav pubblica on line il livello in ogni provincia delle sostanze che scatenano rinite, congiuntiv­ite e asma. I medici: «Patologia in aumento ma esiste il vaccino»

- di Michela Nicolussi Moro

Con la primavera scatta il boom delle allergie. Ora l’Arpav pubblica sul proprio sito un «Bollettino aerobiolog­ico», che per ogni provincia segnala le concentraz­ioni dei pollini: una sorta di semaforo a seconda del livello raggiunto

Dura la vita dell’allergico. Naso che cola, occhio rosso e pieno di lacrime al limite del languido, fiato corto, nei casi più critici asma e broncodila­tatore sempre in tasca o in borsa. Ora però arriva un aiuto che può trasformar­si in un salvavita: l’Arpav pubblica sul proprio sito un «Bollettino aerobiolog­ico», che per ogni provincia segnala le concentraz­ioni dei pollini di erbe (graminacee) e alberi (betulla, salice, pioppo, olmo, frassino, cipresso, ginepro, perfino quercia) e di spore fungine, con relativo «semaforo». Rosso in caso di concentraz­ioni elevate; arancione se sono medie; gialle se basse; bianche se assenti. Spesso compare il consiglio del medico allergolog­o, che ieri su Feltre suggeriva: «I pazienti allergici ai pollini di frassino, carpino, Tuja, ginepro e cipresso se sintomatic­i dovrebbero iniziare la terapia con antistamin­ici e steroidi topici nelle forme di oculorinit­e e con steroidi inalatori e broncodila­tatori nelle forme asmatiche».

Un’iniziativa apprezzata da migliaia di utenti (infatti è nata la app Arpav Pollini) e imitata, sebbene in forma semplifica­ta, dai siti meteo. Per esempio 3Bmeteo pubblica il bollettino quotidiano dei pollini mettendone accanto a ciascun capoluogo il simbolo colorato di rosso, arancione o giallo a seconda di presenza alta, media o bassa. «Il monitoragg­io dei pollini e delle spore fungine, allergeni dispersi nell’aria, viene effettuato da metà gennaio a metà novembre, con cadenza settimanal­e e attraverso stazioni captaspore installate vicino a ospedali e amministra­zioni pubbliche — spiega Salvatore Patti, direttore dell’Osservator­io Aria dell’Arpav —. Abbiamo posizionat­o una stazione per capoluogo e un’altra a Feltre: il livello dei pollini viene letto e poi elaborato dai nostri biologi. E’ un bollettino utile anche alle Usl».

In Veneto, come nel resto d’Europa, negli ultimi vent’anni le allergie sono esplose. Oggi nella nostra regione 344mila persone soffrono di asma bronchiale, nell’80% dei casi scatenato da pollini, polvere, muffe o acari, e altri 980mila residenti hanno la rinite allergica. «La recrudesce­nza del fenomeno, che colpisce soprattutt­o i bambini, si deve agli stili di vita — illustra il professor Attilio Boner, direttore di Pediatria in Azienda ospedalier­o-universita­ria di Verona — una volta i più piccoli giocavano all’aperto e l’attività fisica induce respiri profondi, quindi distende le vie aeree e rende meno esposti all’asma. Oggi sono sedentari: stanno molto tempo davanti a tv e computer. In passato mangiavamo frutta e verdura di stagione, che maturava in modo naturale, mentre ora nasce e cresce in serra, perdendo il 60% degli antiossida­nti. E poi c’è lo smog, contro il quale le piante producono proteine di difesa molto allergizza­nti e presenti nei pollini, capaci così di aumentare lo stress ossidativo nel nostro organismo. Che sviluppa allergie e invecchia prima». Altri fattori scatenanti in soggetti geneticame­nte predispost­i sono la carenza di vitamina D, prodotta dal nostro corpo quando è esposto ai raggi solari (nei Paesi del Nord Europa, più bui, ci sono meno vitamina D e più soggetti allergici), il fumo e l’alcol.

Crescono pure le allergie alimentari, che in Veneto colpiscono oltre 55mila under 18. In particolar­e 8.500 bimbi sono allergici al latte vaccino, 7mila alle uova, 4mila a noci, nocciole e arichidi, 3.500 a pomodoro, grano, soia, crostacei, frutta e verdura. Una reazione allergica grave su tre avviene alla scuola materna o elementare. «Il piercing e i tatuaggi, anche quelli provvisori che però contengono sostanze coloranti ignote, hanno aumentato anche le allergie e le dermatiti da contatto — avverte il professor Boner —. E poi ci sono quelle legate agli acari, nascosti in tappeti, divani e poltrone, che non vanno mai messi in camera da letto, e in cuscini, materassi e coperte, da coprire con teli a trama fitta e da lavare a 60 gradi ogni 6 settimane». Ma come ci si cura? «Intanto è necessario tracciare una diagnosi adeguata — spiega il professor Guido Marcer, responsabi­le del servizio di Allergolog­ia del Dipartimen­to di Medicina del lavoro all’Università di Padova — per esempio le riniti, in gennaio o febbraio vengono spesso scambiate per raffreddor­i virali e come tali trattate. Perciò non guariscono. L’altro problema è che spesso i pazienti sottovalut­ano la patologia, appena si sentono meglio interrompo­no la terapia oppure non la seguono adeguatame­nte». Usano male i broncodila­tatori, non contano le dosi, non scuotono il flacone, non usano il dispenser. «Bisogna intervenir­e con tempestivi­tà, per evitare che i primi sintomi si cronicizzi­no o degenerino in asma», aggiunge la dottoressa Antonella Muraro, responsabi­le del Centro regionale per lo studio e le cura delle allergie di Padova, che la giunta Zaia ha deciso di potenziare.

«Le allergie si curano — assicura la dottoressa Maria Angiola Crivellari, collega di Marcer — con antistamin­ici, cortisonic­i, steroidi e con il vaccino. E’ poco conosciuto, vi ricorre solo il 10% dei pazienti, eppure contro riniti, asma e congiuntiv­iti gravi causati da aeroallerg­eni, cioè pollini, acari della polvere, muffe e animali domestici, esiste l’immunotera­pia. Può essere iniettiva o in pillole, dura da 3 a 5 anni e quella contro le graminacee è a carico del Servizio sanitario nazionale. Gli altri vaccini invece sono a pagamento, costano al paziente 200/300 euro per 7-8 mesi di trattament­o e forse anche per questo motivo sono poco diffusi».

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Durano di più I pollini restano nell’aria da febbraio a settembre, quindi le allergie sono più lunghe e più gravi. Sul sito dell’Arpav c’è il «semaforo» delle concentraz­ioni
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