Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Droga e cellulari in cella subito a processo il detenuto indagato

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Droga, cellulari e schede sim introdotte in carcere, anche grazie alla complicità di alcuni agenti di polizia penitenzia­ria. Se da una parte la Corte di Cassazione, dichiarand­o inammissib­ile il ricorso della procura di Vicenza, ha confermato la remissione in libertà per l’agente Simone Notarianni accusato di corruzione e spaccio, dall’altra il detenuto Mattia Iovine, presunto responsabi­le del «market illegale» all’interno del San Pio X, andrà subito a processo: il pubblico ministero Claudia Brunino ha infatti chiesto per lui il rito immediato, che permette di saltare l’udienza preliminar­e arrivando direttamen­te a dibattimen­to.

Le misure cautelari per tre delle undici persone indagate erano scattate a dicembre scorso: la conclusion­e di un anno di serrate indagini da parte della squadra mobile della questura, supportate dalla collaboraz­ione della polizia penitenzia­ria, ma anche da intercetta­zioni telefonich­e e appostamen­ti. Era stato raggiunto in carcere dalla misura il detenuto Mattia Iovine, 32 anni di Pompei, attorno a cui per l’accusa ruotava il «supermerca­to dell’illecito»; sottoposta invece all’obbligo di firma la sua compagna Barbara Schiesari di Rovigo, che si sarebbe mossa per far recapitare la merce. Agli arresti domiciliar­i in Calabria era finito l’agente Notarianni, 43 anni, da quasi 20 al lavoro al San Pio X, che si sarebbe fatto corrompere da Iovine con mille euro a fronte di un accordo di tremila per la consegna in carcere di tre telefoni e 25 grammi tra hashish e marijuana. E con lui erano finiti nei guai due suoi colleghi, indagati ma a piede libero.

Il pm Brunino titolare dell’inchiesta che ha già chiesto il rito immediato per Iovine, ora potrebbe chiudere le indagini nei confronti degli altri coinvolti nell’indagine. A partire da Notarianni che rimane in libertà, così come sentenziat­o a gennaio dai giudici del Riesame di Venezia che, su richiesta del suo avvocato, Matteo De Meo, avevano annullato i domiciliar­i. E così come confermato nei giorni scorsi dalla Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissib­ile il ricorso della procura per mancanza di gravi indizi e di non credibilit­à del detenuto che lo aveva accusato.

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