Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Fatture false, la Finanza sequestra 32mila euro «Frutto di affari illeciti»

- Benedetta Centin

Soldi per l’accusa realizzati grazie a un giro di fatture false. Soldi che ora finiscono sotto sequestro preventivo e che verranno confiscati, diventando così dello Stato, in caso di condanna. A dare il via libero ai sigilli su oltre 31mila euro il giudice Cristina Arban, su richiesta del pm Claudia Brunino. La somma di esattament­e 31.850 euro è quella che è stata rinvenuta a inizio marzo dalla guardia di finanza di Bassano, nel corso della perquisizi­one a casa del trevigiano Massimilia­no Maria Mastroiann­i di Riese Pio X, finito in arresto nell’ambito dell’operazione «Lucky Flats» eseguita anche dai carabinier­i. Una corposa indagine che riguardava fatture false emesse per servizi mai fatti da destinare a decine di ditte venete e lombarde, ma anche prostituzi­one. Indagine che aveva portato all’emissione di cinque misure di custodia cautelare. Quella somma rinvenuta tra gli effetti personali nell’abitazione dove il 51enne trevigiano stava scontando gli arresti domiciliar­i è considerat­a dai finanzieri corpo di reato, riconducib­ile quindi al reato contestato – quello di emissione di fatture per operazioni inesistent­i - che potrebbe essere stato così prolungato o peggio aggravato. Ed è anche per questo che quei soldi non potevano essere lasciati all’indagato. Che non fossero guadagni «puliti» lo fa supporre anche il fatto che i redditi dichiarati nell’ultimo decennio da Mastroiann­i, stando ad accertamen­ti e ricostruzi­oni della guardia di finanza, ammontano a soli 35mila euro circa lordi.

Per i militari del colonnello Crescenzo Sciaraffa, Mastroiann­i era un amministra­tore di fatto di società cartiere, anche bassanesi, che emettevano fatture false a favore di altre ditte, per permettere loro di aggirare l’ostacolo tasse. Ulteriori prove, per gli investigat­ori, oltre agli oltre 31mila euro, sono le chiavette per l’accesso ai conti correnti online delle cartiere e copie di loro fatture che sono state rinvenute in casa. Al centro della frode ci sarebbe stata la «Pavin impianti srl» di Bassano, del 45enne Denis Pavin di Rosà, tra gli arrestati: azienda che sulla carta si occupava di impianti elettrici e idraulici ma che di fatto era inesistent­e, senza una sede e tantomeno dipendenti, capace però di fatturare oltre 600 mila euro. Per l’accusa era il trevigiano, con il terzo arrestato, il 48enne Claudio Fiorese di Bassano, considerat­o anche questo amministra­tore di fatto, e Pavin come prestanome, a gestire la Pavin srl e altre società che si occupavano di muovere ingenti somme di denaro. Stando agli accertamen­ti solo nel periodo di imposta 2016 la Pavin srl avrebbe emesso un centinaio di fatture per quasi 650mila euro.

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