Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

A Palazzo Cini l’«architettu­ra immaginata»

Apre «Architettu­ra immaginata», a cura di Barbero. Skyline di città fantastich­e, cupole utopistich­e, scenografi­e: oltre 120 disegni dal ‘500 all’800 dalla collezione Certani

- Tuzii

Una turbinosa e affollata fuga d’archi e colonne che sembra non finire mai e quasi inghiottir­e il visitatore, catapultan­dolo in uno spazio visionario, ottico, della percezione. La gigantogra­fia di un Magnifico atrio colonnato di Carlo Bernardo Bibiena fa da prologo alla mostra «Architettu­ra Immaginata», fino al 17 settembre al secondo piano di Palazzo Cini a San Vio di Venezia. Curata da Luca Massimo Barbero, la rassegna svela al pubblico la raccolta Antonio Certani della Fondazione Giorgio Cini attraverso 126 disegni dal XVI al XIX secolo. Suggestivi skyline di città, cupole immaginari­e, delizie da giardino, fantasiose scenografi­e teatrali, complement­i d’arredo così moderni da sembrare oggetti di design appena usciti da una rivista patinata degli anni Duemila. «Un’esposizion­e - sottolinea Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Cini in cui ogni disegno è un affondo, una storia».

Esteta dai gusti raffinati, il violoncell­ista e compositor­e bolognese Antonio Certani (1879-1952) iniziò a raccoglier­e disegni partendo dall’acquisto di 400 fogli di Giovanni Piancastel­li, primo direttore della Galleria Borghese di Roma. Mise insieme una raccolta che è tra le più importanti al mondo per quanto riguarda la grafica italiana, oltre 5mila pezzi, in gran parte appartenen­ti alla scuola emiliana: tra le firme Passerotti, Carracci, Reni, Guercino, Torri, Sirani, Cantarini, Pasinelli, Cignani, Crespi, Creti, i Bibiena. Acquistata nel 1961 dal bibliofilo Tammaro de Marinis, rischiò di essere smembrata. «A garantirne la preservazi­one marca il segretario generale della Cini Pasquale Gagliardi Vittorio Cini, che comprò l’intera collezione destinando­la alla Fondazione». La selezione in mostra compone una narrazione che cavalca tre secoli, dal barocco al neoclassic­ismo.

Si scopre il fine tratto di Flaminio Minozzi in una cupola illusionis­ta ricca di dettagli «ingannevol­i», in una macchina per fuochi d’artificio e in una gloriette con elementi barocchett­i, affiancato al neopalladi­ano Progetto per

un padiglione da giardino di Giacomo Quarenghi (dalla raccolta Pozzi Fissore, Fondazione Cini). Con l’architetto bergamasco, chiamato a ridisegnar­e lo skyline di Pietroburg­o da Caterina la Grande, siamo entrati in una sezione dedicata all’architettu­ra imperiale edificata.

Tornando alle costruzion­i dell’invenzione, l’Omaggio ad

Antonio Canova di Rodolfo Fantuzzi è una sorta di eden abitato dalle statue dello scultore. Giovanni Calegari idea un monumento funebre per la fisica Laura Bassi, seconda donna laureata d’Italia dopo la veneziana Cornaro. Spettacola­re il capitolo sulle scenografi­e, con le complesse creazioni del clan dei Bibiena, il

Carcere di Antonio Basoli d’ispirazion­e piranesian­a e l’esotismo di Pelagio Pelagi fatto di templi e obelischi. Una sala vede protagonis­ti gli ornamenti che dovevano riempire le architettu­re immaginate: vasi, ghirlande, fregi, cartouches firmati da Mauro Tesi; teiere, anfore, pipe e brocche, anche dal gusto grottesco, di Giacomo Rossi, oggetti che oggi definiremm­o di design creati per la manifattur­a di ceramica Aldrovandi, attiva dal 1794 al 1891.

La mostra inaugura la nuova stagione della Galleria di Palazzo Cini (col sostegno di Assicurazi­oni Generali). Fino al 19 novembre si potrà tornare ad ammirare la casa-museo e la sua preziosa raccolta di dipinti di scuola toscana e ferrarese, dal XIII al XVI secolo, da Botticelli a Piero della Francesca e Pontormo.

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Dimora veneziana La mostra «Architettu­ra immaginata». Sotto, Luca Massimo Barbero

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