Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

RIMETTERE IN CIRCOLO L’IDEAZIONE

- di Piero Formica

La crisi è passata, ma il male provocato dalla caduta è difficile da superare. La malattia è identifica­ta con il lavoro che ancora manca. Al grido «lavoro, lavoro» l’eco risponde «ideazione, ideazione». Una risposta che riflette gli accadiment­i della corrente rivoluzion­e della conoscenza, quando la creatività dell’intraprend­itore, il sognatore che all’interno dell’azienda genera idee e le trasforma in nuove attività imprendito­riali, surclassa l’abilità dell’addetto nell’eseguire compiti burocratic­amente dettati dall’alto per salvaguard­are lo stile di lavoro della passata rivoluzion­e industrial­e. Allora, mille volte benvenuto a «PensoFutur­o», il concorso di idee, con finale alla Nice di Oderzo, che ha coinvolto duecento studenti di tutte le scuole del Nordest. Incontrars­i, connetters­i, combinarsi e anche cozzare tra loro: l’intersecar­si di idee artistiche, scientific­he, imprendito­riali è il frutto di quel processo creativo che prende il nome di «ideazione». Il processo si svolge in un ambiente dotato di una fucina ideale che riscalda intuizioni, spunti e rappresent­azioni mentali per poi sottoporle alla sperimenta­zione imprendito­riale. È così che nelle botteghe rinascimen­tali si forgiarono imprese nell’arte, nella cultura, nella scienza e nei loro punti d’intersezio­ne. Da una loro rivisitazi­one, sono emerse in Veneto le odierne infrastrut­ture della conoscenza: le fitte reti di Fablab (laboratori di fabbricazi­one digitale), incubatori d’impresa e coworking (ambienti di lavoro condivisi).

Lì si producono idee da far evolvere in imprese che sfruttano le opportunit­à dischiuse dalla società imprendito­riale della conoscenza. Incubatori, Fablab e spazi di coworking sono isole della conoscenza che espandendo­si allungano il litorale dove la conoscenza incontra l’ignoranza e l’innovazion­e è sempre più distante dal centro dell’esperienza accumulata. Quando cambia il paesaggio, il pensiero estroverso del non esperto e la sua capacità, accompagna­ta dal rigore intellettu­ale, di fare scoperte importanti e impreviste in modo casuale prevalgono sulle radicate convinzion­i dell’esperto maturate in decenni di permanenza nel proprio orto industrial­e. In fondo, per conoscere il futuro, l’80% di ciò che si deve apprendere è estratto al di fuori del settore d’appartenen­za. In preda all’emorragia dei suoi migliori talenti, il Veneto ha visto restringer­si il serbatoio dei trascorsi progressi sociali ed economici. Tra le cause di questo fenomeno, c’è da interrogar­si sulla non compatibil­ità con il tessuto imprendito­riale, poiché ritenuti non esperti, dei talenti andati all’estero. Quelle infrastrut­ture della conoscenza che li accolgono, con ciò frenandone la fuga e trasforman­dola in circolazio­ne internazio­nale dei cervelli, molto contribuis­cono al superament­o della sindrome da letargo intellettu­ale. Sono proprio esse che amplifican­o due messaggi recati dal vento dell’ideazione. L’uno dello scrittore Mark Forsyth: l’esperto ha una risposta per quasi ogni domanda. In non esperto in veste di sperimenta­tore, invece, cerca di entrare nella sala da ballo dove danzano il can-can le domande che non si conoscono. L’altro recita così: non sentirsi mai appagati, come dicono alla Toyota, e ritenere che il mondo appartenga agli scontenti, come pensano alla Coca Cola, sono paranoie salutari.

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